In un giorno di settembre dell’anno 2015, le fotografie di un corpicino di bimbo restituito dal mare e raccolto dalle braccia pietose di un uomo in divisa hanno stillato di colpo in miliardi di persone questa terribile e liberatoria goccia di verità.
Eccoli gli invasori. Quelli più pericolosi, quelli che il terrore lo portano persino negli occhi. È bene che sia così, che il male sia visto, riconosciuto, patito, esecrato. E non è inutile che ci arrovelli e si dibatta pubblicamente e con passione sull’opportunità o meno di pubblicare certe immagini, foto e filmati che turbano e angosciano. Ma è ancora più utile che lo scandalo avvenga. Che si dica e, più ancora, si gridi che non è possibile né umano che dopo due anni ancora a questo siamo. Che si ammetta finalmente che quel bambino restituito dal mare ha cominciato a morire il giorno in cui ha dovuto lasciare di soppiatto e senza aiuti, coi suoi genitori e suo fratello, una terra che per lui era casa e per altri solo un campo di battaglia spalancato e reso più atroce dalle complicità o dall’ignavia dei “grandi” del mondo.
Uno dei difetti dell’uomo è quello di abituarsi purtroppo a tutto, anche alle cose più tragiche, come quelle che stanno avvenendo nel problema dei migranti. L’indifferenza, nasconde spesso l’egoismo e il cinismo, potremmo aggiungere anche la paura, di fronte ad un fenomeno che comunque è in crescita, come quello delle migrazioni. La paura alimenta soluzioni estreme: i muri dell’Ungheria, i controlli di polizia – per esempio sta succedendo nel braccio di mare che separa l’Inghilterra dalla Francia, a Calais – oppure le richieste di rivedere i trattati internazionali, come Schenge. Io credo che sia normale avere paura. Non sono di quelli che pensano che vada bene tutto, che tutti possano venire. E’ un reale problema per ogni nazione e non solo per l’Italia. E’ anche normale, nella natura umana, perché ognuno di noi vive la sua vita, vive nel suo castello dorato, e quando arriva questa gente ci condiziona, ci toglie la libertà, ci fa pensare a tutte le difficoltà che possiamo avere per vivere insieme. Non si possono, però, costruire muri, non è questo quello che ognuno di noi vorrebbe. Le conseguenze estreme non vanno mai bene.
Allora bisogna fare qualcosa “contro” gli Stati Uniti (che hanno finanziato e addestrato almeno 10 mila guerriglieri, come ormai ammesso anche da autorevoli centri studi americani), “contro” l’Arabia Saudita (responsabile con gli Usa della nascita dell’Isis), “contro” la Turchia (che ha aiutato l’Isis quasi in ogni modo fino all’altro ieri); bisognerebbe al contrario dare una mano all’Iran (che in Iraq combatte concretamente l’Isis, ma è ancora considerato uno “Stato canaglia”), ai curdi (idem per quanto riguarda l’Iraq, ma pochissimi voglio aiutarli per paura che loro chiedano poi la nascita di un vero Kurdistan indipendente) e alla fin fine anche ad Assad, personaggio orribile ma alla fin fine appoggiato da tanti siriani che, resistendo con le armi, hanno impedito all’Isis di essere anche più forte e potente.
E’ realistico che succeda anche solo una minima parte di tutto questo? Che l’Europa sia in grado di rovesciare questa politica? No. Quindi la Ue almeno si tenga i profughi senza lamentarsi tanto. E a proposito di profughi: ora nessuno lo ricorda, ma a suo tempo la Siria di Assad (23 milioni di abitanti) accolse mezzo milione di profughi dell’Iraq, cristiani compresi. Quelli che scappavano dalle conseguenze dell’invasione del 2003, altra meravigliosa iniziativa nostra al cui fallimento abbiamo voltato le spalle.
Da un’intervista di Marco Guerra su www.intelligonews.it , Prof. Meluzzi la foto del bambino siriano morto ha scosso tutta l’Europa. Serviva questo per destare le opinioni pubbliche?
“Stanno usando l’informazione per spostare i sentimenti dell’opinione pubblica, ma questa regia avrà sempre più difficoltà, la gente ormai è desensibilizzata”. Il professor Alessandro Meluzzi, specialista in psichiatria, cerca – parlando con Intelligonews – di restare lucido davanti alla raccapricciante foto del bambino siriano morto sulle spiagge turche nel tentativo di raggiungere l’Europa, e mette a fuoco le contraddizioni di un sistema della comunicazione che pone i riflettori solo su alcuni aspetti di questa crisi migratoria.
ma non tutti i bambini morti fanno notizia allo stesso modo…
“Naturalmente non abbiamo mai mandato in onda le immagini dei bambini uccisi nei raid Nato in Bosnia, durante la vicenda nota di una guerra democratica e politicamente corretta. Non abbiamo mai mandato le immagini dei bambini massacrati dalle bombe lanciate sulla Libia – azioni a cui abbiamo partecipato anche noi – per abbattere Gheddafi. Resta il fatto che quello che noi vediamo nell’immagine di quel bambino morto sulla spiaggia turca è diretta conseguenza delle primavere arabe che abbiamo applaudito (la famiglia del piccolo Aylan scappava dalla città di Kobane, ndr). Abbiamo applaudito alla caduta di Mubarak, di Gheddafi e speriamo nella caduta di Assad, pensando di creare un nuovo falso ordine mondiale che ha come diretta conseguenza effetti devastanti non prevedibili. Quando sento gli Usa dire che è una crisi che durerà per i prossimi 20 anni capisco che il destino dell’Europa è stato segnato. Quindi quel bambino morto è certamente una conseguenza non solo di una politica devastante per il Medio Oriente ma probabilmente anche il segnale di qualcosa che ha a che vedere con l’Europa come l’abbiamo percepita e costruita negli ultimi 300 anni”.
“Quello che è fondamentale e che quel bambino ha pagato il prezzo di questa destabilizzazione sistematica del Medio Oriente. Dovremmo anche ragionare su quelle che sono state le politiche del petrolio e delle fonti energetiche in questi anni, in Iraq e nella contrapposizione tra sunniti dell’Arabia Saudita e sciiti dell’Iran. Insomma in tutta questa partita si è deciso, secondo me, che l’Europa, un continente invecchiato, con una comulazione di reddito personale e collettivo ancora molto elevata, e con un welfare molto sviluppato, deve diventare il contenitore di ciò che schiuma fuori questo calderone. Non so se è stato deciso scientemente tutto questo, ma temo di sì, è stato comunque deciso che i vecchi europei sono quelli che devono pagare il prezzo, ed è quello che accadrà”.
Per tornare alla foto lei ha parlato di anticorpi, appunto non c’è il rischio che alla fine ci si abitui all’esposizione continua a immagini raccapriccianti?
“Ormai c’è una totale desensibilizzazione sistematica nei confronti di queste cose, per cui sono gli ultimi proiettili sparati con questo fine dall’informazione: gli anticorpi nel loro effetto, anche quello di inspessire la reazione all’immagine, una specie di sindrome dell’iper-realtà. Ho trovato quasi criminale la copertina del manifesto. Il GIOCO di parole con il termine “asilo” poteva andare bene forse su una copertina del ‘Male’ al tempo delle Brigate Rosse”.
«Fermate la guerra, adesso” E non verremo più a bussare»
il tredicenne siriano che ieri ha lasciato cadere un’altra goccia di verità nel vino degli arrabbiati e degli smemorati
è la stessa preghiera rivolta da papa Francesco ai grandi del mondo, a ogni vero credente e a tutti coloro che sanno il valore della pace. Fermiamo la guerra, fermiamo le parole come di guerra,fermiami i venditori di morte, non rinunciamo a tenere aperti gli occhi che abbiamo ritrovato. Si ascolti davvero, e non appena con curiosità.
di Gennaro Napoletano.
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