Il pane? Cotto con le pedane di legno prese nella discarica A Linea Gialla (La7) il caso di una donna che per ignoranza si avvelena da sola

Rassegna Stampa

da paralleloquarantuno.it

mercoledì 2 ottobre 2013 – 12:06

DI MARIATERESA BELARDO
“Maledetto è il pane fatto col sangue dei fratelli. È pane che non sazia. Pane avvelenato. Pane velenoso”. Don Maurizio Patriciello la ripete sempre, questa frase, riferendosi al pane guadagnato illecitamente, a discapito della povera gente. Ma ieri sera, durante il collegamento da Caivano per “Linea Gialla”, su “La7”, è andato in onda un servizio che dimostra quanto pane avvelenato ci sia ancora in giro. Spesso è la povera gente a mangiarlo, il pane avvelenato. E non è che lo mangia solo, se lo prepara pure in casa. Per sopravvivere, in qualche modo, alla miseria.
panefotoLe telecamere di “La7” hanno ripreso un’anziana signora che, recatasi in una delle tante discariche di Orta di Atella, prelevava dalla stessa alcune pedane di legno, dichiarando che le avrebbe usate per alimentare il fuoco nel forno di casa, dove avrebbe cotto il pane. Ma non per venderlo: “Io ho sette figli, e il pane lo faccio solo per noi di famiglia”.Le pedane, utilizzate per stoccare materiali nelle fabbriche, sono un agglomerato di segatura e colla, un mix che, se bruciato, sprigiona fumi altamente tossici. Sono fatte con il peggior legno che si trova in
commercio (anche da un punto di vista di resa termica) e poi vengono trattate con agenti chimici che le rendono difficilmente aggredibili da muffe, batteri, e quant’altro.

La signora anziana, ripresa da “La7”, probabilmente non si rende neppure conto del disastro che va ad innescare compiendo uno dei gesti della tradizione contadina. Fare il pane era, e continua ad essere, un rito quotidiano in molte famiglie dell’agro aversano. Ma questo pane è avvelenato, e avvelena. Nella discarica in cui queste pedane erano state sversate da gente senza scrupoli, sono presenti da anni montagne di amianto. Montagne. Cataste alte quanto i piloni dell’Asse Pomigliano – Villa Literno, che proprio per Orta di Atella passa. Amianto lasciato alle intemperie, a ridosso di un pescheto.
Bisogna attraversare un tratto in cui il fetore di morte è insopportabile, perché in questa discarica vengono gettati al macero quintali di frutta e verdura invenduti nei mercati ortofrutticoli, e il cui smaltimento per vie istituzionali costerebbe molto di più. Povertà e ignoranza, condite anche dalla convinzione di fare pure un favore alla comunità: “Io non vengo a buttare niente qua. Anzi, la levo, la spazzatura”.

E tra rifiuti di ogni genere, materassi, televisori, carcasse di frigoriferi, frutta e verdura marcia, pneumatici e cassette di plastica che probabilmente contenevano gli ortaggi sversati, c’è chi pensa di prelevare legna per accendere il fuoco con cui cuocere il pane per i propri figli.
Ma la signora, e come lei tante altre della sua età, a mezzanotte, quando il servizio è andato in onda, probabilmente dormiva da un bel po’ (ci si alza prima dell’alba, per fare il pane…), e non avrà avuto modo di conoscere e capire le conseguenze di un gesto compiuto in completa e disarmante buona fede.

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Gennaro Napoletano - Direttore Editoriale di LaFragolaNapoli.it