“E’ la fede, non mica il denaro, il fondamento delle opere”.
Quando Suor Elsy mi apre il portone di ferro ruggine , lascio di fianco i grossi, lisci, squadrati mattoni d’un grigio fulgente, che incorniciano Casa Natale San Ludovico da Casoria. Sospesa com’è a mezz’aria tra i calcinacci e le stradine della Casoria vecchia. Mi si schiude l’adiacente, pur tuttavia, remoto mondo delle Suore Francescane Elisabettiane Bigie.
Un andito. Una stanza lignea. Delle scale. Sotto le quali s’ intravede l’ingresso di una cucina, unica fonte generatrice di voci: l’indizio che si, c’è qualcuno che cucina. L’odore tipico del variegato mondo dei prodotti campani sul fuoco no, quello no. Ma neanche quello delle spezie d’India. Terra natìa di Suor Elsy. Le altre sette Suore che dimorano, le posso solo immaginare nelle silenti stanze al di sopra delle nostre teste, della mia e di quella velata, la napoletana “capa ‘e pezza”, della suora che da cinque anni a napoli, ha scelto di “vivere” la ‘fede non attraverso il denaro, ma come unico fondamento delle opere buone’.
Perché come ogni buon Cristiano sa, ancor prima di ricercare la vastità dell’opera misericordiosa del Santo, che, come ebbe a dire il suo successore nelle opere, Padre Bonaventura Maresca: “trovava sempre vie nuove, idee innovative, incontro alle quali nessun uomo ordinario sarebbe andato, per liberare ogni inceppamento” ; “con la stessa fedeobblighiamo la Provvidenza a fare miracoli”. Così si pronunciava a chi gli stava intorno.
Le Elisabettiane Bigie in tutti i Continenti cercano la “povertà senza sconti, l’assoluto silenzio al di fuori della prevista ‘ricreazione’, vitto uguale per tutti, eccettuati gli ammalati, ordine e pulizia, perche la povertà non è miseria, – diceva Ludovico – è soprattutto vita fraterna”.
Qui a Casoria custodiscono il loro Padre. Il Padre di tutti i Casoriani. Affinchè la sua opera continui ai giorni nostri.
Proclamato Santo nel 2014, nel 1852, dopo la grave malattia in seguito alla quale decise di imitare San Francesco chino sui lebbrosi, trasformo’ un vecchio edificio in convento con annessa infermeria.
Poteva curare, con l’aiuto di personale esterno, oltre tendere la mano ai farmacisti del quartiere, che superato il primo stupore divennero pian piano generosi donatori di prodotti farmaceutici.
2014, nasce a Casoria l’Ambulatorio Polispecialistico di Medicina Solidale. Per chi è nel bisogno e necessita di una consulenza medica specialistica gratuita, un farmaco, un sorriso, un incoraggiamento. I locali messi a disposizione dall’Istituto delle Suore Elisabettiane Bigie presso l’Oasi di San Ludovico, con la collaborazione dell’Associazione “Carboncino della fraternità”.
Al Ludovico, che non piaceva la fondata congregazione del Terz’Ordine senza un’opera di carità, per cui ogni terziario doveva dare una camicia, un lenzuolo per l’ospedale dei poverelli; mi dice Suor Elsy “cerchiamo di anteporre quello che voleva che Gesù fosse amato e soccorso nei poverelli. Perché solo così potrà compatirci nell’altro mondo. Se facciamo questo perdonerà di non aver amato Lui”. Parole che si rincorrono verso la condivisione attraverso i cittadini stessi. Un’intuizione. Un’idea. Il bisogno della necessità. Senza chiedere nulla. I soldi non servono per ‘fare’ il bene. Se ognuno dà un po’ di sé.
Il contesto della mostra della vita di San Ludovico nasce proprio da tale condivisione: gli stessi abitanti di Casoria sul luogo della esposizione, qui prospiciente, hanno arreccato di volta in volta utensili e suppellettili del tempo, in un rito di edulcorazione del passato ai tempi della crescita del terzo dei cinque figli di un proprietario vinaio, Vincenzo Palmentieri e di Candida Zenga, l’11 Marzo 1814: battezzato Arcangelo, ed ammesso diciottenne al noviziato dei Frati Minori, divenne Ludovico da Casoria.
Continua poi nello spirito del recupero dei bambini a rischio. Curata dall’Associazione “Carità sine conditio”, che si prodiga per tutto il pomeriggio ad educare i bambini tra attività formative con l’aiuto ‘dopo scuola’, e ludico – sportive. E poi c’è Suor Elvira con la Pastorale Giovanile a pensare al cammino degli adolescenti. La simbolità è invece data dal pranzo per i poveri una volta al mese. Le possibilità non sarebbero per le settanta persone accolte. I volontari fanno il resto. Anche senza strutture e sovrastrutture di accoglienza, ogni luogo di preghiera può essere ‘umanizzato’. L’avamposto di fede, baluardo dell’interazione. Questa prima parte si conclude con la visita ritiro spiritruale di un gruppo di devoti provenienti dal Molise. Suor Elsy e le altre sette Suore custodiscono e divulgano.
di Carmine D’Argenio