Cambia la Chiesa ma non la parrocchia

di Gennaro Napoletano

C’è qualcosa che spesso non torna, che infastidisce, che disturba, quando ci si imbatte su questioni e temi legati alla fede e alla Chiesa.

Certo, chiunque legittimamente può parlare di qualsiasi cosa, e qualunque giornale, qualunque sito online può – ci mancherebbe – affrontare questi argomenti. Compito primario degli organi di informazione – lo dice la parola – dovrebbe però essere… l’informazione, e allora credo di aver capito cosa spesso non torna, infastidisce, disturba noi cattolici quando, nei media che si dicono laici ma che invece han superato magna cum laude l’esame di laicismo, ci imbattiamo su temi legati alla fede e alla Chiesa.

Chi scrive il più delle volte non lo fa per rendere una foto della realtà e per informare: la realtà diventa solo pre-testo per i testi che i giornalisti hanno già in mente, belli (anzi, brutti) e preconfezionati. E’ solo una scusa per insinuarsi nella Chiesa ed attaccarla, a tradimento, con l’ennesima iniezione di fiele, magari augurandosi sia quella finalmente letale.

Non è necessario essere docenti di italiano per capire quanto “pesino” le parole e quanto dalla scelta, dal modo di accostarle, dall’uso che se ne fa, dipenda la differenza tra relazionare su un’indagine (e dunque cercare di descrivere la realtà per quel che è) e, invece, piegare la realtà per dimostrare le solite tesi dettate dai soliti preconcetti.

Ad esempio, si legge: “Cosa succede lontano dalla ‘chiesa legale’, nel ‘cattolicesimo reale’? In quello non illuminato dai riflettori mediatici ma pur sempre l’unico rilevante nella vita quotidiana di milioni di credenti?”. Nella logica del “divide et impera”, scopo di tutto l’articolo è e sarà sfruculiare su “ciò che non va”; sottolineare, perché no!? – esempi di “dissociazione tra religione ufficiale e religione vissuta, in realtà, è la parrocchia la questione centralissima, vitale, per il presente e il futuro del cattolicesimo. La parrocchia territoriale è immagine di una Chiesa a carattere popolare e diffuso. È essa a verificare se la Chiesa è o no missionaria. anomalia dell´Italia – il suo cattolicesimo così imponente, molto più che in altri paesi d´Europa – ha proprio nella parrocchia la sua spiegazione.

In Italia, le parrocchie hanno fatto da tramite di un´offerta religiosa molto ricca e variata. Hanno riprodotto sotto la volta del cattolicesimo quella pluralità e concorrenzialità di modelli, Con Giovanni Paolo II questa specificità della parrocchia italiana è stata però spinta ai limiti di rottura. L´appoggio dato da questo papa ai movimenti ha fatto sì che essi conquistassero un peso preponderante, molto superiore alla loro consistenza numerica e alla loro capacità – modesta – di evangelizzare i lontani. Di quel 10 per cento di cattolici che in Italia fanno volontariato di tipo religioso, un buon terzo sono attivi in parrocchia, un altro terzo nell´Azione cattolica, e solo il 6-7 per cento appartengono a movimenti come Comunione e liberazione, Opus Dei, focolarini, neocatecumenali, eccetera. Quando una parrocchia è conquistata da uno di questi movimenti, cessa d´essere di tutti e per tutti, si identifica col gruppo e i suoi leader, perde la sua natura universalistica. È anche per reagire a questa deriva che i vescovi italiani hanno messo in cima alla loro agenda la questione parrocchia. Per restituire ad essa la sua forza missionaria. Per ridare splendore alla messa domenicale, definita dal concilio Vaticano II “culmen et fons” della vita cristiana.

Delegittimare nella sua vera essenza la parrocchia equivale a delegittimare la più diffusa – se non l´unica – istituzione religiosa in Italia in forma “di Chiesa”.In termini sociologici, tra gli identificativi di un´esperienza religiosa “di Chiesa” vi sono il carattere non carismatico ma istituzionale dell´autorità religiosa, il territorio come luogo di competenza e di appartenenza, la natura non movimentista ma associativa delle forme aggregative interne.

Allora ben venga un´istituzione “di Chiesa”che educa

all´unione con i diversi, a una fede pensata, capace di discernimento, capace di “scelta religiosa” come rielaborazione di ogni evento e di ogni esperienza in una luce cristiana.

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Gennaro Napoletano - Direttore Editoriale di LaFragolaNapoli.it