Afragola sconosciuta: la chiesa della Scafatella

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di Domenico Corcione

Per il secondo appuntamento con gli angoli semiconosciuti della nostra città (e ringrazio per la buona accoglienza che questa nuova rubrica ha avuto presso la cittadinanza), scegliamo di parlare della più lontana chiesa dell’abitato: la cappella di Santa Maria la Nova, detta altresì “Scafatella”.

Si tratta, in effetti, dell’unico edificio sacro non ancora incorporato dal tessuto urbano, visto che fu costruita per dare un punto di riferimento ai numerosi contadini che un tempo lavoraravano nelle campagne orientali. E’ una rettoria della chiesa parrocchiale di Santa Maria d’Ajello, ed è nei registri della Visite degli arcivescovi di Napoli presso questa parrocchia che troviamo le prime, scarne notizie sul tempio. Non si conosce esattamente la data di costruzione dell’edificio, dedicato a Santa Maria di Costantinopoli: nel suo saggio su “Archivio Afragolese” n. 3 del giugno 2003, l’arch. Catello Passinetti afferma che dalle evidenze architettoniche la sua realizzazione risalga al XII secolo (intorno al 1100 quindi), e di certo era ancora più piccola di adesso. Il curioso termine “scafatella” (che significa sia “vaso” sia “piccola barca priva di vela”) si pensa derivi dal fatto che per raggiungere la zona dove sorge, in occasione di allagamenti, si dovesse far uso di piccole imbarcazioni, delle “scafatelle” appunto, appellativo poi passato a indicare la chiesa stessa (altri avanzano l’ipotesi che si possa riferire ai vasi di terracotta ritrovati in zona).

Per raggiungere la chiesa si deve percorrere tutta via Arena, o la strada provinciale Capomazzo, in modo da trovarsi all’incrocio fra il sentiero che porta all’edificio e l’ingresso al parco commerciale Ipercoop. La sua posizione marginale, al confine con la città di Acerra, ha avuto la duplice funzione di isolarla sia dal resto del circuito ecclesiastico presente nella nostra città, sia di preservarla da restauri non necessari.

La cappella presenta una facciata piatta e adornata solo da due grandi nicchie, ormai senza più affreschi, che un tempo rappresentavano San Pietro e San Paolo. Sopra l’ingresso, in un’edicola è presenta l’immagine della Madonna che salva la città di Costantinopoli da uno spaventoso incendio. Caratteristica principale della chiesa è il campanile Mac vela Mac due fornici, privo di campane, che rappresenta un unicum nel panorama degli edifici sacri afragolesi,e permette di individuare la Scafatella anche a notevole distanza. Appena entrati nell’unica navata, si viene colpiti dalla semplicità del tutto: dovendo accogliere contadini e eprsino fungendo da ripostiglio per le derrate alimentari, non si sono fatte molte modifiche in questi secoli alal struttura principale. Alle pareti troviamo affreschi rovinati risalenti alla metà del Settecento, opera del pittore afragolese Giovanni Cimmino: a destra “Sant’Isidoro Agricoltore”, santo spagnolo dell’anno Mille protettore degli agricoltori, e a sinsitra la “Vergine di Foggia”, episodio che ritrae l’apparizione della Madonna Mac Foggia sopra un albero. Entrambe le opere sono rovinate dalla forte umidità del luogo, in paerta campagna, ma soprattuto quello della vergine potrebbe essere recuperato con un buon restauro. Dietro l’atare troviamo una copia dell’afresco originale del XVI secolo della Madonna con Bambino, il cui ritrovamento è un vero e proprio caso. Infatti, negli anni Sessanta c’era un soggetto simile, che però fu rubato e mai più ritrovato; andando a rompere la parete, fu ritrovato questo più antico, ora conservato in Santa Maria d’Ajello e portato in processione durante la festa dell’Ascensione.              Una porticina sulla destra ci porta alla sagrestia e quindi al locale superiore, che scopriamo essereuna vera e propria camera. Difatti, fino al secolo scorso, la cappella fu custodita da un eremita, che qui risiedeva e curava l’edificio. Da secoli la famiglia Russo, ora Catalano, custodisce e tiene in buone condizioni sia l’edifico quanto lo slargo antistante. Affacciandosi dalla piccola finestra della stanza, si gode di un panorama unico: in un solo sguardo, l’occhio spazia dalla mole azzurra del Vesuvio, alle fronde degli alberi della campagna, al campanile di Santa Maria d’Ajello, che nei lunghi pomeriggi estivi di solitudine, doveva ricordare al custode la sua missione in quelle terre dove, dopo le 18, non c’era nessuno.

Negli anni passati, la chiesetta, che urge di un restauro completo (l’ultimo fu nel 2000, ma l’umidità ha rovinato tutto in breve tempo), era quasi preclusa alla stessa cittadinanza, se si escludono i due giorni di festa nell’Ascensione, a causa del triste fenomeno della prostituzione extracomunitaria. L’amminstrazione attuale guidata dal sindaco Vincenzo Nespoli, nel 2009, si impegnò a far cessare il fenomeno nei mesi successivi. E possiamo dire che già dai primi mesi del 2010, l’area era stata “liberata” dal fenomeno. Questo mi permette di chiedere al nuovo parroco di santa maria, don Gennaro Capasso, di permettere l’accesso al luogo sacro e storico non solo a maggio, ma anche durante altri periodi dell’anno, visto che l’emergenza sociale è terminata. Sulla scia di quanto fece, negli anni passati e per un breve periodo, il suo predecessore, l’indimenticabile don Giorgio Montefusco.

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Gennaro Napoletano - Direttore Editoriale di LaFragolaNapoli.it