La Storia di Afragola (V parte): il Duecento

di Domenico Corcione

Nella precedente puntata di questo nostro viaggio nella storia della città, affrontammo la nascita delle tre principali chiese parrocchiali, avvenuta per tutte e tre fra il 1179 e il 1220. Esse servivano non solo come luogo per soddisfare la religiosità delle genti, ma anche come enti di richiamo e inquadramento della popolazione stessa, che così abbandonava i pagi sparsi e si concentrava in quartieri ben delimitate. Anche a causa di ciò, i villaggi di Arcopinto, Arcora, Salice e San Salvatore al Vatracone si spopolarono a favore di quello che attualmente è il centro storico della città (vedasi la terza puntata della Storia di Afragola, i villaggi rustici).

Non tutti però lasciavano la campagna. Sono ancora visibili, passeggiando per le campagne orientali verso Acerra e Caivano, le moli considerevoli delle antiche masserie che disseminavano il nostro territorio nel Basso Medioevo. La calma portata al vertice del Regno dalla dinastia Sveva (1197 – 1265) e in particolare, lo stimolo allo sviluppo economico dato dal Re e Imperatore Federico II (1220 – 1250), permisero innanzitutto di portare a compimento il prosciugamento del Clanio, uscito dal suo alveo intorno al Mille, e di porre a colture un’area vastissima che andava dai monti d’Avella al Lago Patria. Anche la città fu interessata da questa rinascita agricola, e i possidenti maggiori iniziarono la costruzione delle masserie, che prendevano il nome da essi (come nel caso dell’area a nord di Napoli) o dalla località in cui sorgevano (più frequentemente in Puglia). Tali costruzioni potevano essere semplici casotti per deporre le derrate agricole, prima di portarle alla vera residenza del signore (come nel caso della masseria Mosca, alla XXII traversa Saggese), oppure delle vere e proprie abitazioni, con tanto di stalle, abbeveratori per le bestie, appartamenti per la servitù a piano terra e per il signore e la sua famiglia al piano superiore (di questo tipo sono le masserie Aiello, in contrada Salice, o la masseria Lupara, in località Quattrovie). Abitando al centro dei propri terreni, il signore poteva controllare l’operato dei coloni e gestire direttamente le colture. Gli obblighi religiosi erano adempiuti prima frequentando la chiesetta di San salvatore al Vatracone, poi, distrutta questa agli inizi del Duecento, presso la chiesetta della Madonna di Costantinopoli, detta Scafatella. Inoltre, la creazione di strade di collegamento extraurbano in direzioni di Acerra, come quello che un tempo era l’attuale via Ferrarese, consentivano anche collegamenti più celeri alle tre chiese principali, anche se i sacramenti erano presi preferibilmente presso Santa Maria e San Giorgio (San marco divenne parrocchia solo nel 1356).

Agli inizi del Duecento, il casale di Afragola presentava un centro demico compatto, costituito dai villaggi gravitanti intorno alle chiese di Santa Maria e San Giorgio (e corrispondenti pressapoco agli attuali quartieri di: Santa Maria, Rosario, Ciampa e San Giorgio), un nucleo di case sparse poco lontano da S. Giorgio, costituente casavico, un ampio bosco a  sud est, all’interno del quale sorgeva la chiesa di San Marco, case sparse a sud presso Arcora e Salice, e vaste campagne a nord est, con le ricordate masserie. Quindi ci troviamo di fronte a un centro che è poco più di un villaggio, non circondato da mura e quindi definito “casale”, e considerato più come una propaggine di Napoli che come entità a se stante. Le attività principali sono ovviamnete legate al mondo agrilo, soprattutto con la coltivazione del grano, che copre ampi brani del nostro territorio. Lo sconquasso al vertice dello Stato, con la sostituzione della dinastia Sveva con quella Angioina (1265 – 1458) ha conseguenze indirette anche qui: Arcora, villaggio posto in direzione di Napoli, viene completamente abbandonato; il Salice, che aveva visto passare il nuovo re Carlo I presso la scomparsa chiesa di Santa Maria la Nova, vede crollare la propria popolazione; le imposte aumentano, per rimpinguare le esauste casse del Regno; e soprattutto, il feudalesimo assume  dimensioni pressochè totali nel casale, chiamato in questo periodo alternativamente Villa Afragorum, o Afraore. In tal senso, mentre Giuseppe castaldi (Memorie storiche del Comune di Afragola, 1830) afferma che “feudale non fu tutta Afragola”, Giuseppe Cerbone (Afragola feudale, 2002), dice il contrario, affermando  che, per almeno un cinquantennio, tutto il casale fu feudale: San Giorgio e San Marco sotto signori laici, Santa Maria sotto la Curia di Napoli. Questione che affrontiamo nella VII puntata.

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Gennaro Napoletano - Direttore Editoriale di LaFragolaNapoli.it