“San Gennaro Day” e “Raccontami di Napoli e San Gennaro”, due appuntamenti con il teatro, la musica e la cultura per celebrare la Festa di San Gennaro 2014.

il 19 settembre si avvicina. Per i napoletani è una delle date più significative dell’anno, perchè è il giorno in cui si celebra a Napoli la Festa del Santo Patrono della città: San Gennaro.

In quella occasione si svolgerà, come da tradizione, il miracolo della liquefazione del sangue di San Gennaro nel Duomo, un momento molto atteso da credenti e non, perché rappresenta la vicinanza simbolica del Santo Patrono alla città di Napoli ed ai suoi abitanti. Un evento che richiamerà, come ogni anno, migliaia di visitatori, pellegrini e fedeli che intendono partecipare a questa grande cerimonia religiosa. Il miracolo potrà essere seguito in diretta streaming anche dall’Australia, dagli Stati Uniti dal Sud Africa e dall’America Latina

Ma la Festa di San Gennaro, quest’anno, è stata inserita, dall’Assessorato alla Cultura ed al Turismo del Comune di Napoli, all’interno della rassegna Imago Mundi, feste e santi della città di Napoli, che comprende anche le feste religiose della Madonna della Neve, di Piedigrotta, di San Gennaro e di Sant’Alfonso Maria de’ Liguori.

Dal 19 al 21 settembre 2014 si terranno quindi due eventi per celebrare la festa del Santo Patrono di Napoli: il San Gennaro DayRaccontami Napoli e San Gennaro.

Per tutto il weekend dedicato alla commemorazione del nome del Santo, via del Duomo ed i suoi storici monumenti saranno animati con momenti di teatro interpretati da artisti napoletani di affermata popolarità. Si terranno, infatti, gli spettacoli di Raccontami Napoli e San Gennaro (un percorso di 12 eventi distribuiti per due giorni ed in varie ore della giornata, e replicati più volte così da creare un calendario di rappresentazioni di grande interesse culturale e turistico), e la II edizione del Premio San Gennaro Day curato da Gianni Simioli.

Programma della Festa di San Gennaro 2014

Raccontami Napoli e san Gennaro
un progetto di Giulio Baffi e Giovanni Petrone

Museo Diocesano e via Duomo

Venerdì 19, sabato 20 e domenica 21 alle 11:00 e alle 12:00
Mercoledì 24 e venerdì 26 alle 17:30, alle 18:30, alle 20:30

I bellissimi spazi di Napoli, una strada antica come via Duomo che nasconde altre strade, spazi, vicoli, piccole piazze, chiostri, sale, chiese. Architetture che possono diventare location per rappresentazioni inconsuete, per attori che inventano una storia e la raccontano al pubblico come per un incontro improvvisato. Verità e fantasia che si confondono.

Raccontami è format teatrale sperimentato negli anni in incontri di teatro che guarda al territorio come ad una nutrimento artistico unico, affidando agli attori la parola e l’invenzione, la suggestione, la ricerca, moltiplicando l’attenzione degli spettatori e la fantasia degli attori-autori. Negli ultimi anni i Raccontami sono stati applauditi in centinaia di spazi storici, museali ed architettonici della Campania. Oggi è bello raccontare in via Duomo nuove storie, costruite con fantasia, parole e gesti, suoni, versi di grandi poeti napoletani che costruiscono inconsueti tessuti per rapide rappresentazioni affidate all’invenzione di attori che hanno accolto con entusiasmo l’invito di Imago Mundi.

Isa Danieli, Mariano Rigillo, Claudio Di Palma, le guarattelle di Bruno Leone e altri attori e musicisti della scena napoletana saranno i protagonisti del Raccontami Napoli e San Gennaro al Museo Diocesano e in altri luoghi storici di via Duomo.

San Gennaro Day

Sagrato del Duomo di Napoli

Domenica 21 settembre, ore 21:00

Dopo il grande successo del 2013, torna il San Gennaro Day: una serata unica per provare a sostenere, riconoscere (da riconoscenti) ed applaudire quei napoletani (e non) che compiono ogni giorno il “miracolo” della creatività e dell’impegno sociale e civile.

Il Premio San Gennaro Day sarà una festa che mescola la cultura più leggera a quella più pesante: la festa di San Gennaro è tra le pochissime occasioni che abbiamo per assistere in una sola volta al grande spettacolo del meltin pop che solo Napoli riesce a inscenare. Per questo ad affiancare scrittori e intellettuali sul palco ci saranno proprio quelle icone simbolo del popolo, affinchè si realizzi concretamente quello scambio culturale che dalla notte dei tempi si va auspicando.

(San Gennaro Day è un’idea di Gianni Simioli e Fiorita Nardi – Direttore artistico: Gianni Simioli – Prodotto dalla Jesce Sole)

Per conoscere il programma completo della rassegna Imago Mundi consultare il sito ufficiale

IL MIRACOLO DI S.GENNARO

Noi crediamo ai miracoli, a quelli veri. Che cosa è il miracolo?
Il miracolo è un fatto straordinario che avviene al di sopra delle leggi della natura o contro di esse. Dio solo può operare il miracolo. Egli lo fa per rivelare agli uomini la sua potenza, il suo amore, o la sua giustizia.
Il miracolo in questo caso è quasi sempre accompagnato da tali circostanze che rispondono alla dignità divina e ne determinano il carattere soprannaturale.

Non tutto ciò che per l’uomo è sorprendente può essere qualificato come miracoloso. Se, ad esempio, una mano avvicinata al fuoco, invece di riscaldarsi, come sarebbe naturale, si ghiacciasse, ciò potrebbe impressionare coloro che ne ignorano le cause, senza peraltro essere definito miracolo, specie se non è accompagnato da quei segni e quelle premesse che richiamino l’intervento divino. Chiameremo tali esempi fenomeni straordinari, ma non miracoli.

Quando il pubblico, dopo ore di attese e di preghiere, nella prima decade di maggio e di settembre di ogni anno, assiste stupefatto alla liquefazione di una certa sostanza indurita, ritenuta sangue di S. Gennaro, conservata nel Duomo di Napoli dentro una piccola ampolla, si esalta e freneticamente applaude, come farebbe dinanzi a un qualsiasi spettacolo, noi ne comprendiamo la ragione, ma rimaniamo scettici di fronte al carattere miracoloso ad esso attribuito.

Valga il presente studio a far riflettere tutte le persone di buon senso, prima di credere quello che in questo caso la folla crede.
La nostra affermazione è basata sui fatti. Ed i fatti li desumiamo principalmente da una cronaca del miracolo di S. Gennaro, scritta e pubblicata tempo addietro dal Rev. canonico napoletano don Vincenzo Iodice e reperibile nella stessa cattedrale di Napoli.


Leggenda e storia

Si narra che nell’anno 305 fu tratto in arresto il capo della comunità religiosa di Benevento, un certo Gennaro. Gli storici che hanno trattato l’argomento, non sono d’accordo nello stabilire il paese d’origine del santo, e fra di essi, c’è chi nega del tutto la sua vera esistenza.
Ad ogni modo, la tradizione stabilisce che Gennaro fu condotto a Pozzuoli ed in quell’Anfiteatro fu decapitato, per essere spettacolo alla gente.
Da Pozzuoli, poco tempo dopo il corpo del martire fu trasferito a Napoli ed in quella occasione avvenne un fatto straordinario, così raccontato nella storia del canonico: « Le ampolle, dice la leggenda, erano custodite da Eusebia, nutrice del santo e solo dieci anni più tardi, quando cioè il corpo del santo trionfalmente veniva portato in processione a Napoli, passando per Antignano la vecchietta che abitava in quei pressi, le cacciò fuori in quella circostanza, per consegnarle nelle mani del Vescovo S. Zosimo o Cosma, che guidava il corteo. Infatti appena esse furono da lui poste sull’urna, il sangue coagulato e disseccato, sembrò rivivere liquefacendosi ».

Si tenga presente che prima dell’anno 1600 stando alla tradizione ricordata dallo scrittore, per il decorso di tredici secoli, non si allude mai al miracolo del sangue, fuori dalla sopradetta circostanza.
Cosa è avvenuto da allora al 1600? Secondo un’altra cronaca, durante l’assedio posto a Napoli dal principe di Benevento Sicone nell’anno 817, il corpo di S. Gennaro fu trafugato e portato a Benevento.
Da questa città nel 1159, avendo Guglielmo il Normanno, espugnato Benevento, il corpo del martire fu trasferito nel convento di Montevergine in quel di Avellino.
Passati altri tre secoli, e propriamente nell’anno 1480, durante alcune riparazioni alla chiesa del convento, ordinate dal cardinale d’Aragona, fu rinvenuto sotto l’altare un sarcofago, che portava questa ìscrizione latina: Corpus S. Januari Episcopi beneventani et martíris. Naturalmente tutti credettero di trovarsi dinanzi al corpo del santo di cui parliamo. Il vescovo di Napoli fu molto impressionato da questa scoperta e pretese il diritto di riavere il corpo a Napoli; ma la fortuna non gli arrise. Più tardi quando a presule della diocesi di Napoli si trovò il cardinale Oliviero Carafa, questi brigò talmente nella corte papale, che ottenne dal papa Alessandro VI, di famosa memoria, il permesso di togliere ai frati di Montevergine il corpo di S. Gennaro e di poterlo trasferire a Napoli. Ciò che egli fece in maniera trionfale.

Dovettero passare altri cinquanta anni prima che una simile reliquia fosse messa in efficienza. L’occasione non mancò. Una terribile peste scoppiò a Napoli con tragiche e dolorose conseguenze. Le autorità ecclesiastiche organizzarono una processione per portare in giro per la città il corpo del santo, seguito da tutto il popolo che chiedeva a gran voce la cessazione del morbo, con la promessa che, a prodigio avvenuto, avrebbero fatto erigere in suo onore una cappella. La peste come ogni altra cosa, ebbe fine, non senza aver mietuto molte vittime, ma la sua fine fu attribuita alla potenza dí S. Gennaro. Senonché, “passata la festa e gabbatu lu santu” come dice un proverbio popolare, i napoletani dimenticarono la promessa. Siamo quasi al 1600 e S. Gennaro non ha una chiesa di suo in Napoli.

Ci volle il Vesuvio a risvegliare la memoria per il santo. Infatti la grande eruzione di quel tempo mise tanta paura nell’animo dei napoletani che subito ricorsero al santo, perché facesse la grazia di fermare la lava, che stava facendo danni immensi e di far cessare la pioggia di lapilli. Anche il Vesuvio, come altre volte, cessò dall’essere cattivo e tornò allo stato norrnale. Ma per i napoletani S. Gennaro aveva fatto il miracolo e per premio gli fu edificata una cappella: così il voto degli avi era stato adempiuto.

Dopo 1300 anni finalmente S. Gennaro ebbe un luogo consacrato al suo nome. E pensare che il popolo napoletano in tutto questo tempo aveva onorato un’altra santa, alla quale aveva eretto una chiesa sin dal tempo di Costantino, dicono certi storici, ma più probabilmente nel secolo VII, dice il canonico Iodice, sulla scorta di altri scrittori. Questa santa si chiama Restituta, una servetta cristiana che fu martirizzata contemporaneamente a S. Gennaro. È ben curioso dunque che una servetta trovò subito nel cuore dei napoletani simpatia, devozione e culto, mentre per S. Gennaro Vescovo dimenticanza e oblio…!

Ad ogni modo la chiesa erettagli risulta di una cappella aggiunta a quella di Santa Restituta, alla quale era già collegato un antico battistero, per celebrare il rito per immersione, e tutto l’insieme venne a formare il Duomo di Napoli. In quest’epoca S. Gennaro cominciò a fare il miracolo del sangue e così S. Restituta passò in second’ordine e fu dimenticata.

Dopo tredici secoli riapparvero le ampolle di Eusebia. Chissà dove furono nascoste in tutto questo tempo e da chi erano state custodite!

La cappella

A destra di chi entra nel Duomo di Napoli si trova la cappella destinata all’ufficiatura del miracolo. Essa può contenere molta gente. È ricca di pitture di valore e di varie pregevoli statue, che per l’occasione vengono portate in processione per la città.
La cappella ha tre altari. In quella di mezzo vengono esposte le reliquie durante la festa del santo. Esse comprendono un Ostensorio d’argento contenente due ampolline con il sangue ed un busto del santo, anch’esso d’argento, dono di Carlo I d’Angiò, nel quale dicono sia la testa del martire. Il busto ha la faccia dorata, che perciò è detta “faccia gialluta”.

Il reliquiario

Nella parte centrale e circolare dell’Ostensorio sono racchiuse le ampolle tra due vetri. La più grande è di cm. 13 e per due terzi contiene una sostanza rosso-cupa, creduta sangue, al di sopra è posta l’altra più piccola, ma vuota e recante solo le tracce della sostanza asportata, a quanto si racconta, da Carlo III di Borbone, che ne fece dono al re Filippo V di Spagna.
Si dice che quando ribolle il sangue a Napoli, lo stesso avvenga a Pozzuoli ed in Spagna. Però questa diceria viene smentita nella cronaca scritta dal canonico Iodice.

Durante il tempo che i devoti pregano perché il santo faccia il miracolo, il prete celebrante prende di tanto in tanto l’Ostensorio e lo piega or a destra ed or a sinistra, “per vedere”, dicono, se il sangue si liquefa. A miracolo compiuto, il medesimo prende l’Ostensorio, lo passa al bacio dei fedeli, che si affollano dinanzi all’altare. Durante questo servizio, un altro prete segue il primo avvicinando una candela accesa alla reliquia, dicono, “perché il pubblico possa accertarsi della liquefazione avvenuta”.

È da notare a questo punto, che il sangue non si scioglie nel giorno della festa della nascita del santo, che sarebbe il 16 dicembre.
Ad ogni modo è provato che il processo della liquefazione comincia con il distacco graduale della sostanza indurita dal vetro, per poi estendersi al centro; ma questo spesso resta allo stato di prima; rimane cioè un piccolo nucleo della sostanza che non si scioglie.

A nostro parere questo procedimento è sfavorevole all’ammissione del miracolo; poiché mostra che la liquefazione è prodotta da cause esterne. Di regola la vita dovrebbe svilupparsi dal centro, e procedere verso la periferia.
Non vi pare che l’ambiente portato ad una temperatura più calda della precedente, l’agitazione prodotta dal prete, il calore della fiammella molto vicina all’ampolla contribuiscano a produrre il fenomeno della liquefazione? Per lo meno vi è un legittimo dubbio.

A questo punto qualcuno dirà: il sangue al calore non si scioglie, anzi si indurisce! Benissimo. Ma chi ci assicura che il contenuto dell’ampolla sia sangue? Neppure il signor canonico lo afferma, quando scrive che « il popolo napoletano, per una secolare e mai interrotta tradizione, ritiene che nelle ampolle è contenuto iÌ sangue del martire». Chi lo ha detto al popolo napoletano? Qui si parla di credenza tradizionale e non di prove. Tante cose crede il popolo, che poi risultano fantastiche! A quale epoca rimonta questa tradizione? Certamente dal giorno che cominciò il misterioso avvenimento, e cioè non prima dell’anno 1600.

A questo punto è opportuno che il lettore conosca un episodio piuttosto recente. Al tempo del cardinale Sanfelice si dovette procedere ad una riparazione dell’Ostensorio. Il noto prelato volle tenere nelle sue mani la reliquia, mentre il meccanico eseguiva la saldatura. Ad un certo momento il cardinale cominciò a sentire che l’Ostensorio si riscaldava per effetto del saldatore rovente. Ecco, disse il prelato, la prova che il calore non ha nulla da che fare con il miracolo… ma aveva appena terminato di fare tale osservazione, che il sangue cominciò a sciogliersi! Ricreduto si prostrò in ginocchio per venerare la reliquia insieme con tutti gli altri astanti…

Qualcuno dirà: come spiegare allora la schiuma e le bollicine che affiorano sul liquido? Le bollicine e la schiuma danno luogo a credere che avvenga un ribollimento. Ma non si tiene conto in questo caso che l’ampolla non è tutta occupata dal liquido e vi è quindi una parte di aria in essa, e che il tutto poi viene agitato con i continui movimenti.

Ad ogni modo, se quella sostanza potesse essere esaminata chimicamente i dubbi verrebbero risolti. Ma questo non sarà mai permesso dalle autorità ecclesiastiche cattoliche, le quali si trincerano dietro il comodo paravento che le cose sacre non vanno profanate! Esse temono una clamorosa smentita. Perché fu lecito a Carlo III rimuovere il sangue da una delle ampolle e non è lecito al papa di ordinare un esame di accertamento, al servizio della causa della verità?

Una cinquantina di anni fa, in un convento dei Padri Francescani della Provincia d’Arezzo (non ricordo la località), secondo quanto mi fu riferito da un baldo e spregiudicato monaco dello stesso Ordine, mio personale amico, si suoleva celebrare la festa in onore di un santo giovinetto, del quale si presumeva possedere le ossa custodite in un’urna, posta sotto un altare della chiesa. I monaci chiesero un giorno alla Congregazione romana l’estensione di quel culto a tutto l’Ordine.
Come suole avvenire in questi casi, la Congregazione mandò sul posto una persona competente di sua fiducia a compiere la ricognizione delle reliquie. Ma, ahi noi! le ossa tanto venerate non erano umane, bensì quelle di un cane! Con immenso disappunto dei monaci la festa cessò e con giustificati pretesti la cosa fu messa a tacere. La storia è autentica.
Non si sa mai che cosa potrebbe accadere se anche per il sangue di S. Gennaro si ordinasse una ricognizione!

A questa difficoltà è stato risposto dalla parte interessata che un esame fu fatto, non chimico, ma spettroscopico. Un illustre scienziato napoletano dichiarò, dopo l’esame, che in quella sostanza aveva notato « tracce di sangue ». Però non ci ha detto a quale natura appartengono gli ingredienti sui quali sono apparse delle tracce di sangue!

La Pietra, il Busto ed il naso

La Pietra fatale sulla quale si dice sia stato decapitato il martire, si trova nella chiesa dei padri cappuccini di Pozzuoli. Essa è data a vedere al pubblico nei giorni della festa del santo. Sono andato anch’io, per rendermene conto. In una cappella a destra di chi entra in chiesa, nascosta in fondo ad una buca praticata nel muro, a lato dell’altare, sta diritta una pietra, della grandezza di circa 25 cm. per 30. L’orificio della buca è chiusa da un vetro. Per vedere la pietra bisogna fare la fila, sorvegliata dalla forza pubblica. Uno sguardo, e poi, via. Dicono che su quella pietra ribolla il sangue, ma il pubblico non ha tempo per vedere e constatare. Forse si tratta di una di quelle pietre venate che trasudano. Il canonico dice che su quella pietra « rosseggiano più o meno poche strie di sangue, che si trovano o perché nella pietra si raccolse il sangue del martire, che su di essa fu decapitato, o perché più probabilmente, come si vede, Eusebia vi si asciugò le mani, dopo aver raccolto il sangue del confessore ». Affermazioni incerte, dubbiose e insostenibili. Sopra una pietra così piccola avvenne la decapitazione, quasi mancassero a Pozzuoli delle pietre adatte alla bisogna! Eusebia tanto devota sciupava quel sacro sangue sopra una pietra, quasi non avesse un panno da conservare poi.
Perché ella non portò a casa anche la pietra e non si procurò l’ascia con la quale i manigoldi avevano staccato il capo al santo vescovo? Chi custodì quella pietra da farla pervenire molti secoli dopo ai padri cappuccini? Capisco che sono domande imbarazzanti per un devoto di S. Gennaro, ma per una fede ragionevole, queste domande vanno fatte.

Ed ora parliamo del Busto del santo.
La sua storia è breve. Esso è di marmo e rappresenta la figura del martire. Viene venerato nella stessa chiesa. Dicono ché sia miracoloso, perché liberò la città di Pozzuoli da un morbo pestilenziale, in una maniera assai originale. La statua presenta una cicatrice sulla guancia destra. II santo per far cessare il morbo, se lo attrasse a sé. Una piaga purulenta colpì il suo viso; quando si cicatrizzò il morbo era cessato.
Ed ora è la volta del Naso.

Quel busto di marmo un bel mattino fu trovato dai monaci senza naso.
La leggenda racconta che, dopo vario tempo da questo fatto, un giovane puteolano pescava con una rete nel mar di Pozzuoli, e nel tirare su la rete, che sembrava pesante, al posto dei pesci trovò un naso di marmo. Meravigliato ed esultante corse al convento, dicendo a quei monaci che il naso miracolosamente era riuscito fuori. I bravi monaci si affaticarono per riappiccicarlo al viso della statua, senza per altro riuscirci con i mezzi conosciuti. Allora ricorsero ad un loro confratello ritenuto per un santo servitore di Dio. Questi si assunse egli l’incarico. Ripulì per bene il naso, l’accostò al viso della statua e con meraviglia di tutti, quasi attratto da una calamita, il naso si ricongiunse così fortemente al viso, che ancora oggi si può vederlo con i segni della congiuntura.
Non facciamo commenti a queste ulteriori tradizioni della fantasia popolare, alle quali neppure i preti prestano fede.

Altri Sangui

In altre chiese della città di Napoli sangui di vari santi sono prodigiosi.

Sangue di Santa Patrizia

Nella chiesa di S. Gregorio Armeno si liquefa ogni 25 agosto sin dal secolo XVII, miracolosamente. Corre intorno ad esso una storiella. Un devoto della santa, desiderando possedere una reliquia della medesima, trasse nascostamente un dente dal teschio del suo santo corpo, che da cento anni era in un’urna. Ne sgorgò del sangue, che raccolto e custodito divenne oggetto di venerazione e di meraviglia.

Sangue di S. Giovanni Battista

Fu un dono di Carlo I al monastero di S. Arcangelo a Baiano, ed ogni 29 agosto, dall’anno 1554 si liquefa, come cosa viva.

Sangue di Santo Stefano Protomartire

Nessuno avrebbe pensato mai di raccogliere il sangue di quel primo martire cristiano, circa duemila anni fa… ma qualche viaggiatore napoletano avrà approfittato della confusione tra gli ebrei persecutori per riportare a casa una così rara merce. Senonché la storia dice che detto sangue solo dall’anno 1561 dapprima si liquefaceva nella chiesa di S. Gaudosio, verso gli ultimi giorni di settembre, ed in seguito in quella di Santa Chiara il giorno 3 agosto d’ogni anno.

Sangue di S. Luigi Conzaga

È un sangue meno antico ma non per questo meno “prodigioso”. Esso è custodito e si liquefa nella chiesa dell’Ordine al quale apparteneva il santo, nel giorno 21 giugno, sua ricorrenza festiva.
Si noti la coincidenza dell’epoca e della stagione indicate nella storia di questi sangui, rispondenti a quelle nelle quali avviene il miracolo del sangue di questo studio!

Tentativi di spiegazione

Gli appassionati del miracolo di S. Gennaro han dato al medesimo varie spiegazioni. Alcuni pensano che esso avvenga per lasimpatia che si sviluppa nel sangue, quando l’ampolla si trova presso il busto del santo, dentro cui, come abbiamo detto, si dice che sia contenuta la testa. Altri suppongono che la forte suggestione collettiva dei devoti ed in particolare quella di certe donne del Lavinaro, che pretendono di essere le discendenti del martire, che guardano fissamente per ore la reliquia, produca lo scioglimento del sangue!

Ma queste spiegazioni urtano contro una difficoltà, e cioè, come dice l’autore della monografia a pagina 5, « che benché le reliquie del santo, siano sempre esposte ed a vista della testa, rarissima si ha la liquefazione nel mese di dicembre ». Le circostanze non cambiano, ma l’effetto non si raggiunge.

Non resta che la spiegazione pratica fatta in pubblico qui a Napoli un mezzo secolo fa dall’allora on. Guido Podrecca, il quale nel corso di una conferenza sull’argomento, aiutato da un suo amico chimico, riprodusse il miracolo di S. Gennaro, con un preparato analogo a quello dell’ampolla custodita nel Duomo.

Conclusione

Tralasciando qualunque paragone dal punto di vista morale o sociale con altri popoli, limitiamo la nostra osservazione a quello religioso.
Nelle superstizioni napoletane si riscontrano tutte le tendenze dei popoli primitivi. La presenza del miracolo non ha avuto nessuna influenza correttiva sopra tutti i suoi pregiudizi, quali la iettatura, le fatture, il potere degli amulti, dei talismani, dei cornetti, degli scongiuri, ecc.! A questo basso paganesimo si mescola uno pseudo-cristianesimo di stampo molto inferiore. Non c’è rione di Napoli che non abbia un particolare protettore celeste; non c’è santo cui non si sia consacrata una via o una nicchia e che non sia festeggiato con lo sfarzo di archi luminosi e di fuochi pirotecnici assordanti e diretti a far loro cosa grata.

L’apostolo Paolo previde quello che sarebbe successo a riguardo della fede di certi cristiani, nelle due lettere al discepolo Timoteo: « Nei tempi a venire alcuni apostateranno la fede, dando retta a spiriti seduttori e a dottrine di demoni, per via della ipocrisia degli uomini, che proferiranno menzogne ».
« E distoglieranno le orecchie alla verità e si volgeranno alle favole ».

La maggioranza dei devoti napoletani sono da sempre refrattari alle voci della verità religiosa e molto proclive a quelle delle favole, più conformi alle sue tendenze pietistiche e miracolistiche. In queste deviazioni, delle quali non poco sono responsabili le autorità cattoliche, conviene ricercare le ragioni o la vera spiegazione di certi fenomeni sorprendenti, e le origini in genere dell’esistenza di tanti celebrati santuari, dell’annunzio di tante fantastiche visioni celesti, del concorso di tanti pellegrini a grotte miracolose, alla ricerca di guarigione nelle acque di sacre fonti, ecc.

Napoli, la città partenopea, dai molti colori folcloristici, la più cattolica delle cattoliche, non poteva in certe circostanze restare in seconda linea a nessun’altra città d’Italia, quando si trattava di salvare il patrimonio dottrinale della chiesa romana, oppugnato da temibili avversari.

È stato dunque questo popolo giocato nella sua buona fede da persone interessate? È proprio così. Rifletta ognuno al periodo nel quale cominciò a verificarsi il miracolo di S. Gennaro. Esso coincide con quello della liquefazione di altri sangui, di cui ho detto in precedenza. Coincidenza che si ha, guarda caso, proprio nel periodo della riforma Protestante del sec. XVI. La Curia romana doveva ricorrere ai ripari e prendere delle misure adeguate, per difendere la causa della sua chiesa.

Il Luteranesimo ed il Calvinismo trionfante nel Nord non dovevano invadere l’Italia, sede del romano Pontefice. Segni di un certo risveglio riformistico si avvertivano anche nella penisola, e Napoli non ne era esente. Quale forza più efficace di quella del miracolo, per contrastare chi era considerato nemico religioso? Ed i miracoli erano allora più facili per le autorità ecclesiastiche, di quanto non lo siano oggi per il tempo delle elezioni politiche! L’empia teoria del «fine giustifica i mezzi» cadeva molto opportuna e non bisognava farsi prendere dagli scrupoli.

Amico lettore, io credo di essere stato ben compreso, e del resto il mio giudizio non va lontano dall’avvertenza che il Rev. Canonico Iodice fa ai suoi lettori a pag. 54, di prestare a quanto ha scritto intorno al miracolo di S. Gennaro, “solo fede umana”.
Ciò vuol dire che esso non riguarda una questione dogmatica, nella quale la Suprema Autorità cattolica pronuncia un definitivo giudizio. Il giorno che, auguriamocelo presto, l’esame chimico coscienzioso facesse giustizia della verità, il prestigio ufficiale della chiesa sarà salvo e gli uomini sapranno che, ignorate formule della vecchia Alchimia, riuscivano a compiere sbalorditivi fenomeni.

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Gennaro Napoletano - Direttore Editoriale di LaFragolaNapoli.it