di Gennaro Napoletano
Dopo 216 anni dall’esecuzione dei 121 patrioti giacobini napoletani, oggi 20 agosto alle ore 12.00, in Piazza del Carmine è stata commemorata con una targa, una incisione nella stessa base marmorea della Basilica, i moti della repubblica partenopea che ricordiamo durò solo un anno.
Presenti L’assessore alla Cultura del Comune di Napoli Nino Daniele, il vice Sindaco Raffaele Del Giudice ed il Prof. Gerardo Marotta presidente delll’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici. La targa commemorativa è collocata presso l’entrata della Basilica del Carmine vicino alla fossa comune dove furono gettate le salme, anche se un presente ha puntualizzato poi ricomposte presso l’altare del capitolo all’interno della chiesa stessa. “Si pone così rimedio ad una situazione deplorevole – commenta l’assessore Nino Daniele – e si testimonia l’enorme importanza per la storia europea ed universale di questo luogo“.
I repubblicani napoletani ricordiamo erano per lo più intellettuali “illuminati”, borghesi e nobili che non riuscirono, nei pochi mesi di governo, a portare dalla propria parte il popolo di Napoli, che già stentava una grande povertà subentrata dalla stessa fuga del re Ferdinando, che si portò con sè ogni avere e ogni tesoro.
Tantissimi nobili napoletani tra cui Francesco Caracciolo, , ammiraglio del flotta borbonica, Michele Granata, provinciale dei Carmelitani, professore dell’accademia militare, altri parteciparono alla Repubblica insieme a borghesi, avvocati, giuristi, medici, letterati e molti di loro erano disposti a rinunciare ai privilegi della nobiltà per sostenere le idee liberali ispirate dalla Rivoluzione francese. Nelle famiglie nobili si crearono delle discrepanze acute tra i membri delle stesse schierati con i Borbone o, generalmente i più giovani, con la Repubblica.
Le esecuzioni cominciarono già alcuni giorni prima della caduta della Repubblica, a Procida, il 1º giugno del 1799, per concludersi oltre un anno dopo, con l’esecuzione di Luisa Sanfelice, a Napoli, l’11 settembre 1800.
Le condanne vennero eseguite quasi tutte per impiccagione (ai nobili venne per lo più comminata la decapitazione), tra Procida (nell’attuale Piazza dei Martiri) e Napoli, in Piazza del Mercato, luogo storicamente deputato alle esecuzioni
Molto tempo è passato che alcuni cittadini chiedevano un riconoscimento ufficiale ed una commemorazione di questi martiri morti per la Libertà ed Uguaglianza uccisi dal carnefice Borbone. Petizioni, firme, richieste on line per tutelare la nostra memoria storica, ma altrettante critiche sono piovute contro di loro, specialmente sui Social network: “Nel fango devono rimanere perché sono stati i traditori del nostro amato sovrano. Viva o re!” specialmente dai simpatizzanti del movimento neoborbonico, che a differenza di quello che si pensava, non hanno voluto essere presenti alla manifestazione, rispettando con civile comportamento l’evento.
Purtroppo al sottoscritto non è mancato qualche commento per la solo presenza all’evento, purtroppo fare giornalismo a volte significa accettare con umiltà anche questo.
Nessun commento è stato rivolto al povero Masaniello che nonostante morto da più di un secolo dai moti del 1799, furono disperse in mare le sue povere ossa, una lapide nella stessa basilica del Carmine ricorda tutto questo. Addirittura lo stesso Patrono di Napoli S. Gennaro per circa 12 anni dovette cedere il titolo a S. Antonio di Padova. Dire che S. Gennaro era giacobino e che S. Antonio un sanfedista è una sciocchezzuola vera e propria, il fatto sta che la capitale del regno di Napoli per circa 20 anni fu spostata a Palermo.