La disponibilità di risorse ed energia;Dalla crisi deve nascere un mondo ecocompatibile

Ormai sono tante le spiegazioni delle cause di questa  crisi finanziaria, dai mutui senza controllo

all’ avidità dei banchieri, dall’inappropriatezza delle teorie e degli strumenti economico-finanziari alla rapida crescita delle potenze asiatiche.

Il motivo reale, ancora raramente menzionato, è però un altro: l’accesso sempre più limitato e problematico a risorse quali energia, acqua e materie prime.La stessa crisi dell’auto, industria-simbolo dell’ultimo secolo, non è dovuta a dettagli congiunturali ma a profonde inefficienze di sistema, a loro volta conseguenza della mancanza di spazio e degli aumenti del prezzo del petrolio. Con questi presupposti le soluzioni attuali sono impotenti. Non importa quanto insista la pubblicità per le automobili, sul lungo termine non può nulla contro i “fondamentali” di esaurimento delle risorse.
Questo aspetto è evidente soprattutto nel settore energetico. Lo sviluppo industriale, che ha generato ricchezza e benessere durante gli ultimi due secoli, è stato possibile grazie alla disponibilità di risorse e soprattutto di energia di qualità in forma di combustibili fossili. L’energia solare è sempre stata disponibile in natura, ma da sola non permette la costruzione di abitazioni, i trasporti, il disporre di tempo libero (che presuppone che lavori pesanti e ripetitivi vengano effettuati da macchine). La questione non è tanto di quantità, quanto di disponibilità di energia “concentrata”, cioè ad alta intensità per peso o volume, come nei combustibili fossili.

Così come la disponibilità di risorse ed energia ha reso possibile l’evoluzione della civiltà a uno stadio industriale e post, la sopravvivenza delle società moderne può essere garantita solo da un’economia sostenibile, in equilibrio tra disponibilità e uso di risorse. La questione principale è pertanto come mantenere e fare progredire un elevato livello economico e sociale con risorse sempre più limitate e difficili da reperire.

Non si tratta di intervenire su singoli componenti, un pannello solare non sostituisce una caldaia e un parco eolico non è la stessa cosa di una centrale elettrica a combustibile; gli stessi biocarburanti si sono rivelati in pratica un’effimera, costosa e poco fattibile alternativa al petrolio. In generale, un’economia ad alta intensità di energia non può funzionare con risorse a bassa intensità. Occorre ricostruire l’intera infrastruttura di case, città, industrie e sistemi di trasporto, sarà necessaria una profonda ridefinizione delle regole dell’economia mondiale. La scelta non è se passare a un’economia a bassa intensità di risorse, ma come farlo. Agire per tempo permette alcune scelte, altrimenti gli sviluppi saranno obbligati e senza alternativa.
Le possibilità offerte da un’economia sostenibile vanno molto oltre l’installazione di pannelli solari (solo uno degli innumerevoli business possibili) e la realtà supererà di gran lunga la fantasia in quanto le invenzioni future non sono prevedibili sulle conoscenze di oggi. Alcune soluzioni sono però già realtà e possono rappresentare un buon punto di inizio per sviluppare un’economia a bassa intensità di risorse.

In un’economia sostenibile cambieranno innanzitutto le professionalità legate alla finanza. Non ci sarà spazio – a ragione – per titoli tossici. Il credito continuerà a funzionare come fa da alcuni secoli, ma sarà soprattutto orientato a investimenti sul medio e lungo periodo, gli istituti finanziari prenderanno decisioni più legate alla sostanza che ad arbitrari e incomprensibili parametri finanziari. Le banche avranno meno bisogno di ragionieri e contabili ma apriranno nuove opportunità per ingegneri e sociologi. Teoria? Niente affatto. La necessità di guardare al lungo termine e di cambiare i parametri di valutazione del credito è attualmente al centro delle proposte di modifica delle regole del sistema finanziario mondiale, modifiche in direzione di un’economia più sostenibile.
Uno tra i tanti settori dove l’effimero e il superfluo dovranno lasciare spazio al concreto è quello della moda. Il riscaldamento globale è un dato di fatto così come lo è la necessità di risparmiare sull’elettricità. Per quanto banale possa sembrare, l’uso di tessuti e stili nati nella nebbiosa Londra del XIX secolo e in particolare la cravatta si scontrano con la necessità di stare comodi in ambienti che saranno sempre più caldi ed umidi, anche perché i condizionatori sono estremamente energivori. In un’economia sostenibile l’eleganza dovrà essere semplice e comoda. Materiali naturali quali cotone, lana e lino guadagneranno in importanza, ma il loro prezzo rifletterà anche il notevole consumo di risorse richieste per la loro produzione. Si ritornerà pertanto a vestiti prodotti per durare e non per essere sostituiti a ogni cambio di stagione o capriccio della moda. Le sartorie saranno nuovamente disponibili per riparazioni e lavori su misura. Più che una descrizione del futuro può sembrare del passato, e in un certo senso lo è. Le società del passato erano a minore intensità energetica e nel ridurre la dipendenza dall’energia molti modelli si ripresenteranno. In ogni caso una società a basso consumo di risorse dovrà apprendere di nuovo a riutilizzare e a riparare, e non solo ad eliminare.
I tre settori che fanno maggiore uso di energia sono la generazione elettrica, il riscaldamento di ambienti e i trasporti, e proprio in questi settori avranno luogo i maggiori cambiamenti.
Consideriamo innanzitutto la generazione di elettricità. Due terzi dell’energia elettrica consumata nel mondo è generata con combustibili fossili, risorsa limitata e le cui emissioni sono una delle principali cause dell’effetto serra. Le uniche alternative oggi realistiche sono la generazione nucleare e idroelettrica e le “alternative” come sole e vento. Il nucleare ha enormi limiti di accettazione sociale, la tecnologia pone problemi di sicurezza, reali o percepiti, e si prevede che anche l’uranio si esaurirà entro qualche decennio. L’idroelettrico è ormai sfruttato ovunque possibile e richiede accessibilità alla risorsa “acqua”, cosa non sempre scontata, come si è visto in Italia le ultime estati. Restano solare ed eolico, al momento sfruttati solo parzialmente in parte. Immettere direttamente elettricità di fonte solare od eolica nelle reti attuali non ha però molto senso a causa delle inefficienze al consumo e di problemi di stabilità delle reti, e soprattutto perché la loro disponibilità non coincide sempre con il fabbisogno. In una strategia di utilizzo più “sostenibile” sarebbe necessario innanzitutto ridurre i consumi e quindi ridefinire le strategie di controllo delle reti elettriche. Le cosiddette “reti intelligenti” sono gestite da sistemi automatici per fare concidere al massimo possibile domanda e disponibilità di energia. In pratica, in un tipo di soluzione rivolta a un ipotetico cliente domestico viene segnalato, ad esempio con un sms, quando la disponibilità di elettricità è superiore alla domanda e quindi si può mettere in funzione la lavatrice. Fantascienza? Non proprio. Negli Stati Uniti si studiano da anni soluzioni anche di questo tipo per ridurre la vulnerabilità delle reti elettriche e sono già attive società che “comprano” la disponibilità di famiglie ed aziende a risparmiare elettricità, in permanenza o a domanda, per rivenderla all’ingrosso alle società elettriche, in alternativa alla costruzione di nuove centrali.
In un’economia sostenibile occorre considerare di continuo la disponibilità di risorse in modo da poterle sfruttare al meglio. Con un numero limitato di aerei e auto e trasporti pubblici più affollati sarà più difficile essere puntuali e perderà di importanza la relativa convenzione sociale. Sarà però disponibile più tempo per prepararsi meglio agli incontri e avranno luogo solo quelli strettamente necessari. Gia oggi per la maggior parte dei lavori organizzati non è necessario il contatto diretto di più persone, è sufficiente essere raggiungibili per telefono e rispondere in tempo ragionevole alla posta elettronica. Telefono e internet offrono molta più flessibilità, sono molto meno costosi e permettono di risparmiare più tempo di qualsiasi mezzo di trasporto, non importa quanto potente e veloce. Molte aziende stanno rivedendo le loro procedure organizzative interne proprio per risparmiare su costi e tempi di viaggio. Internet e la comunicazioni a banda larga permettono di mantenere le comunicazione di una società globale con poco dispendio di energia, e in questa o in forme equivalenti saranno uno degli strumenti portanti delle società sostenibili.
Enormi opportunità per un’economia sostenibile sono offerte dal settore edilizio. Circa un terzo dei combustibili fossili usato in tutto il mondo serve al riscaldamento di edifici, cosa assurda perché in moltissimi casi i consumi potrebbero venire notevolmente ridotti con semplici accorgimenti. Anche qui non si tratta di fantascienza, ma del mettere in pratica soluzioni conosciute da molto tempo. La riqualificazione dell’intero patrimonio edilizio italiano, a maggior ragione se oltre all’aspetto energetico vengono considerate ad esempio anche le norme antisismiche, rappresenterebbe un’enorme opportunità per l’economia. È però necessaria una distinzione di principio. Costruzioni ecosostenibili non sono realizzabili da non esperti con il fai-da-te, né sono riconducibili a componenti separate come i pannelli solari o la caldaia ad alta efficienza. Occorre invece l’integrazione corretta di tutti gli elementi di una costruzione e dell’edificio nel territorio e rispetto agli edifici circostanti, mentre ragionare solo in termini di cubatura porterebbe a risultati errati o controproducenti. Per questo motivo la sostenibilità in edilizia presuppone un coordinamento. Nelle città più vivibili hanno avuto luogo interventi attivi per inserire parchi, riorganizzare l’impianto stradale, progettare sistemi di trasporto e definire le dimensioni degli edifici secondo criteri razionali ed estetici. Anche qui è necessaria una scelta esplicita, in particolare in un paese come l’Italia, se ci si vuole orientare alle città sostenibili di tipo scandinavo o alle megalopoli del terzo mondo, dove solo la mancanza di territorio e di risorse riescono a fermare la cementificazione in città-incubo per i loro abitanti. L’edilizia sostenibile presuppone numerosi aspetti che non è possibile lasciare alle scelte individuali, perché nella maggior parte dei casi non verrebbero perseguite: chi sceglierebbe di mantenere spazi verdi, quando un parcheggio o un centro commerciale darebbero, almeno a breve, maggiori profitti? Nel mondo reale, senza coordinamento e pianificazione la sostenibilità urbana non è un’opzione possibile.
La questione più difficile da affrontare in una società sostenibile è però quella dei trasporti. Sono qui in gioco troppi aspetti individuali, ai quali è difficile rinunciare; l’automobile non è solo un mezzo di trasporto, ma anche e soprattutto il mezzo di identificazione del proprietario. E anche qui è necessaria chiarezza. Con le conoscenze odierne non è possibile costruire auto, o più in generale mezzi funzionanti a benzina o diesel, che siano “ecocompatibili”. Malgrado le continue proposte di nuove fonti energetiche per veicoli da trasporto, dall’elettricità all’idrogeno all’etanolo ad altri metodi fantasiosi, auto pesanti e ingombranti non possono venire alimentate con combustibili a bassa intensità energetica. L’auto a bassa intensità energetica, se mai verrà realizzata, non sarà come quelle concepite oggi, ma un’altra cosa, oggi ancora imprevedibile. E come negli ultimi cinquant’anni l’automobile ha di fatto dettato lo sviluppo delle città, con la diminuizione del ruolo dell’automobile cambieranno anche le strutture urbane.

Le periferie diffuse verranno abbandonate e le soluzioni abitative preferite saranno intorno a punti serviti dal trasporto collettivo, in primo luogo ferrovie e metropolitane. Molti servizi cambieranno la loro natura. La grande distribuzione, ad esempio, sarà sostituita da punti di vendita più vicini ai consumatori, né più né meno che piccoli negozi a gestione familiare. I costi di trasporto e la difficoltà di fare la spesa in centri commerciali in aperta campagna riporterà l’economia alla situazione antecedente l’invenzione dei surgelati, si farà la spesa più di frequente, acquistando prodotti freschi. Questa alternativa non è molto diversa dal modello ancora tipico per le nostre città 20-30 anni fa. Gli acquisti richiederanno di nuovo un tempo maggiore, compensati però dal fatto che non sarà più necessario, o possibile, lavorare a tempo pieno. In una società a bassa intensità energetica per molti aspetti la vita ricalcherà i modelli del secondo dopoguerra, prima del boom industriale. Ai posti di lavoro persi nell’industria e nelle amministrazioni se ne sostituiranno dei nuovi nella distribuzione al dettaglio. In futuro “partita iva” sarà sinonimo di piccolo negoziante piuttosto che di impiegato senza contratto stabile.
Una società eco-sostenibile che voglia mantenere i benefici sociali delle odierne società avanzate avrà bisogno di molta istruzione e di un continuo rinnovamento di competenze. Ci sarà pertanto una vasta offerta di corsi di riqualificazione, ogni lavoratore passerà molto più tempo ad aggiornarsi e relativamente meno a svolgere le proprie mansioni. Corsi di istruzione saranno anche una delle alternative per il tempo libero, per approfondire interessi personali. Questo sistema, le Volkshochschulen o “scuole popolari di istruzione superiore” è ampiamente sviluppato nelle società del Nord Europa: si possono recuperare corsi del liceo, aggiungere qualificazioni professionali o semplicemente occuparsi di musica o giardinaggio a livello semi-professionale. Anche questa soluzione apre numerose possibilità di lavoro – da molto tempo un numero significativo di connazionali insegna italiano all’estero proprio in strutture di questo tipo, non ci si arricchisce ma ci si può vivere in modo dignitoso.
Gli scenari sopradescritti non sono lontani o irrealizzabili, ma sono realtà in numerosi altri paesi, nella maggior parte dei casi in quelli con indici di sviluppo superiori a quelli dell’Italia. Una vita completamente sostenibile sarebbe oggi irrealizzabile e certamente poco attraente, si dovrebbe tornare a vivere nei boschi come nell’era pre-agricola. Ma da qualche parte è necessario iniziare i primi passi. Indirizzarsi nelle direzioni indicate significa risparmiare sulla bolletta energetica e delle materie prime, creare opportunità di lavoro più dignitose e interessanti che non quelle dei call center, contribuire alla riduzione delle emissioni di gas serra, rendere le città più vivibili. L’alternativa non è tanto tra soluzioni quali quelle qui descritte o continuare come se nulla fosse successo, quanto tra il gestire il processo di trasformazione o venirne sopraffatti. Tutti gli analisti, in tutto il mondo, sono d’accordo che al termine dell’attuale crisi economica il mondo non sarà più quello di prima. Un motivo in più per cui puntare al ritorno a condizioni del recente passato non è solo erroneo e perdente, ma semplicemente irrealizzabile.

di Gennaro Napoletano

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Gennaro Napoletano - Direttore Editoriale di LaFragolaNapoli.it