Afragola-La bonifica dell’ex-discarica comunale della Scafatella: un intervento possibile.

di dott. Andrea Coppeta

La discarica comunale di Afragola (Na), conosciuta dalla cittadinanza come la discarica della “Scafatella” è un’area di circa 250000 mq, situata in località La Marchesa, nella parte Nord-Est del territorio comunale di Afragola, poco distante dal confine con il Comune di Acerra (Na), ed è delimitata prevalentemente da aree agricole pianeggianti con coltivazioni varie e serre, ubicate in varie posizioni senza regola.

La discarica dismessa da almeno un trentennio, si estende per circa 40000 mq, ed ha un forte impatto visivo, dovuto sia alla quota di +6.90 circa, rispetto al piano di campagna, sia alla posizione a confine con i confini del tessuto urbano di Afragola.

Sulla base dell’esperienza nazionale e di uno studio di prefattibilità svolto dal Prof. Nedo Biancani nel lontano 2003, si può ipotizzare che trovino collocazione, macerie e/o rifiuti urbani, rifiuti industriali, scarti da lavorazione dell’industria e residui da demolizione. Apprendiamo però dall’allegato 3 del bollettino ufficiale della Regione Campania n° 49 del 6 agosto 2012 che la suddetta discarica è inserita nell’elenco dei siti potenzialmente contaminati da metalli pesanti e da idrocarburi policiclici aromatici, detti in breve IPA, che non è mai stata fatta richiesta di bonificaessendo l’iter procedurale fermo al piano di caratterizzazione. Possibile che nessun politico se ne sia accorto, che nessun dirigente abbia sollevato la questione? Eppure già nel 2005 la suddetta discarica è stata oggetto di studio della tesi del dott. Agr. Andrea Coppeta che in collaborazione con il dipartimento di Arboricoltura ornamentale della Facoltà di Agraria della Federico II, ha formulato una valida ipotesi di recupero dell’area, tesi peraltro premiata nel maggio 2010 nella II edizione del premio per la cultura “G. Lettera” come migliore tesi scientifica e la cui proposta di riqualificazione è stata presentata al convegno “Nuovi Paesaggi: l’importanza di riqualificare aree urbane e periurbane degradate: il caso Scafatella”, tenutosi ad Afragola nel dicembre del 2010.

Le strategie per il risanamento dei terreni contaminati dalla presenza di discariche possono essere distinte in due categorie principali : gli interventi di messa in sicurezza e gli interventi di bonifica. La differenza tra le due alternative risiede nel fatto che con la bonifica il terreno riacquista uno stato chimico tale da non creare problemi; con la messa in sicurezza definitiva si tende a confinare l’inquinante, impedendo ogni contatto o trasporto con la falda. Di fatto, con quest’ultimo “modus operandi” l’inquinamento non viene rimosso. Per quanto concerne gli interventi di bonifica, è possibile avere operazioni in situ cioè in loco senza asportazione o escavazione del terreno, o ex situ cioè con la rimozione del volume di terra inquinato e il suo relativo trattamento, che può avvenire nella stessa area inquinata oppure in un idoneo impianto al di fuori del sito.

In generale, la scelta delle tecniche di bonifica deve essere effettuata valutando congiuntamente vari aspetti: livello di pericolosità, natura e geomorfologia del sottosuolo, tempi a disposizione, costi di impianti e gestione.  In base agli studi e agli esami effettuati possono essere una valida alternativa alla rimozione fisica del terreno contaminato, i trattamenti di tipo biologico in situ.

Il vantaggio principale del trattamento in situ è quello di permettere che il terreno sia trattato senza essere scavato e trasportato, con conseguente riduzione significativa dei costi. Le tecniche di trattamento biologico, o bioremediation, sono tecniche di abbattimento che tendono a stimolare lo sviluppo di microrganismi, creando loro un ambiente favorevole in modo che questi usino gli agenti inquinanti come alimento e fonte di energia.

I processi biologici hanno costi contenuti. Questo tipo di trattamento richiede una caratterizzazione del terreno, della falda e la conoscenza dell’agente inquinante; può inoltre essere necessario il trattamento dell’acqua di falda estratta. La bioremediation non è applicabile per il trattamento degli agenti inquinanti inorganici.

Per l’indicazione delle tecnologie applicabili al sito in esame, risultano utili metodologie come quelle della matrice Site remediation technologies by waste contaminant del Departement of Energy statunitense, dall’utilizzo della quale è possibile trarre una prima valutazione dell’efficacia di alcune tecniche ed escluderne altre sulla base della loro evidente inadeguatezza. Essendo il sito abbandonato da almeno un trentennio ed in base alla sua tipologia si può supporre che ci sia, come confermato poi dall’allegato 3 del bollettino ufficiale della regione campania n°49 dell’agosto del 2012, accumulo di metalli pesanti, sostanze azotate e idrocarburi, quindi si potrebbe tentare il risanamento attraverso la fitoremediation accoppiata alla bioremediation, validissima alternativa già sperimentata in diversi siti contaminati, supponendo che si affianchi al recupero del sito la progettazione e realizzazione di un’area verde.

Con il termine bioremediation, si definisce la tecnologia che consente di decontaminare un suolo inquinato stimolando le proprietà degradative dei batteri indigeni che sono già adattati alla sopravvivenza nel suolo inquinato; tale condizione è in genere soddisfatta nei casi di contaminazione da composti organici (quali ad esempio gli idrocarburi).

La rimozione del contaminante può essere effettuata utilizzando oltre che i microrganismi del suolo (bioremediation), anche le piante (phytoremediation). La sola presenza dei microrganismi infatti non garantisce il risanamento spontaneo. La Phytoremediation è una tecnologia diretta alla bonifica di suoli inquinati da metalli pesanti e da composti organici (quali idrocarburi BTEX e PAHs, ecc.) ed è basata sulla mutua interazione tra microrganismi del suolo ed essenze vegetali. La presenza della pianta stimola il metabolismo microbico mediante rilascio di molecole organiche (amminoacidi, peptidi) e contribuisce allo sviluppo della rizosfera. Per quanto riguarda l’inquinamento da metalli pesanti, esso è un problema profondamente sentito a livello mondiale, dal momento che riguarda il 12 % dei terreni agricoli del pianeta.

La bonifica dell’area, prevede oltre ad una fase di risanamento, anche una fase di progettazione di un Parco per la riqualificazione ambientale e socio-culturale dell’area limitrofa al sito inquinato, che attualmente viene coltivata con ortive di vario genere senza la benchè minima preoccupazione per gli effetti che quei prodotti potrebbero procurare alla salute umana. Si è ipotizzato la suddivisione dell’intera zona in più lotti, che prevedono esclusivamente aree a verde ad utilizzo ornamentale, improduttive e che con il passare del tempo provvederanno all’asportazione degli inquinanti dal suolo. Si è poi prevista la realizzazione di un’area che comprenderà vivai accessibili per i disabili dove si avvierà l’hortycultural therapy, (pratica paramedica sperimentata da almeno un ventennio in America ed in Australia, attualmente oggetto di ricerca presso il Dipartimento di Arboricoltura dell’Università degli Studi di Napoli “Federico II” della Facoltà di Agraria di Portici) che ben si presta alla cura di diverse malattie e/o disturbi psichici e psicofisici e campi sperimentali dove verranno studiati gli effetti causati da varie forme d’inquinamento urbano. In tutte le aree sono previste sedute brevi e lunghe con presenza di tavoli e panche opportunamente studiate per essere fruibili anche da parte dei soggetti diversamente abili. Tutti i percorsi, i viali e le attrezzature sono comuni sia per gli utenti normali che per i disabili, in modo da favorire una maggiore aggregazione ed integrazione di quest’ultimi. Inoltre l’intero percorso sarà dotato di corrimano particolari, che accoppiano alla normale funzione di sostegno, quella di guida ed orientamento per i soggetti disabili.  Anche la scelta delle piante è stata effettuata tenendo presenti non solo i fattori bioclimatici e pedologici del sito, ma anche quelli estetici e culturali; inoltre in particolari aree le piante scelte e selezionate, permettono al disabile il riconoscimento diretto dell’area stessa, attraverso l’organizzazione di un percorso olfattivo. Il progetto naturalmente è a medio-lungo termine per cui la realizzazione sarà suddivisa in più fasi da concordare con le autorità e infrastutture competenti tenendo soprattutto presente il fattore economico. Gli studi, le analisi e le ricerche effettuate nel corso degli anni, aprono una nuova prospettiva al riutilizzo di aree che sono state destinate a discariche e poi abbandonate per decenni, volendo dimostrare che la natura ci ha sempre offerto tutti i mezzi necessari per rimediare ai danni subiti, ma noi spesso non ne conosciamo l’esistenza o non li sappiamo utilizzare.

About gennaro61

Gennaro Napoletano - Direttore Editoriale di LaFragolaNapoli.it