Duecento militari per la Terra dei Fuochi, nell’ambito della missione “strade sicure”, eppure i reporter di Fanpage sono riusciti a sversare finti-rifiuti pericolosi nei luoghi che dovrebbero essere più sorvegliati. Dopo sei ore passate tra campi trasformati in discariche a cielo aperto ed autostrade, c’è stato soltanto un fermo da parte della Polizia Municipale di Afragola. I compiti dei militari dell’esercito si sovrappongono a quelli delle forze dell’ordine locali ed il contrasto del fenomeno diventa sempre più difficile. Una cosa è chiara, mentre continua il dibattito sui metodi migliori per controllare gli 88 comuni della terra dei fuochi, i rifiuti continuano a bruciare.
Venticinque anni di cronaca e di storia maledetta, una lunghissima teoria di ricordi che testimoniano l’indifferenza dello Stato e il silenzio di quanti hanno visto, talvolta hanno subìto, molto più spesso hanno condiviso i lautissimi guadagni del traffico di rifiuti. Perché la verità scomoda che nessuno dice è che molti, se ancora vivi, sanno dove sono nascosti i fusti dei veleni perché hanno messo anche i propri terreni a disposizione incassando fino a cinque milioni di lire per ogni carico e costruendo su quelle scorie le case per se stessi e i propri figli. Anche questo dovrebbero sapere coloro che oggi urlano e insultano, rivendicando una ben misera primogenitura della denuncia e che allora lasciarono soli quanti si affannavano, nell’indifferenza generale, a segnalare il pericolo, le infiltrazioni mafiose nell’affare, i primi picchi sospetti di malattie linfatiche e tumorali (Rosaria Capacchione – La memoria corta, l’elogio dell’insulto e la dittatura del web 17/9/2013).
Fanpage.it torna sui luoghi del disastro ambientale in Campania per testimoniare cosa è cambiato dopo un anno dalle grandi mobilitazioni della società civile e dopo l’entrata in vigore del “decreto Terra dei Fuochi” che individua i 51 siti inquinati dai rifiuti tossici presenti in regione. Sembrerebbe che poco o nulla si sia mosso, le stesse montagne di amianto ed eternit sono rimaste sotto i cavalcavia di Orta di Atella, mentre le montagne di ecoballe a Taverna del Re sembrano ancor più grandi osservate dall’alto grazie all’ausilio di un drone. Nei pochi punti dove sembrano sparite le discariche abusive, l’unica bonifica “è stata fatta col fuoco” come ci dicono i membri dei comitati. Nonostante una serie impressionante di ministri giunti su queste terre, tutti decisi ad intervenire nell’immediato, nulla si è mosso… neanche i fusti trovati sottoterra nelle campagne di Sanganiello a Caivano.
Venti anni di avvelenamento di massa, una peste che colpisce quella che era la Campania Felix e che ora è soltanto il cadavere marcio di un territorio morente. La Terra dei Fuochi, la sterminata campania tra la provincia nord di Napoli e quella di Caserta, dove abusi edilizi e discariche abusive hanno deformato il paesaggio che per secoli era rimasto immutato. Marce, manifestazioni e cortei hanno scandito l’autunno napoletano, mentre Corpo Forestale e Carabinieri rinvenivano discariche di rifiuti pericolosi in zone agricole a Casal di Principe, Acerra, Caivano. Il “Fiume in Piena” di Napoli con gli oltre ottantamila partecipanti segna il punto di arrivo di una mobilitazione partita nella chiesa del Parco Verde di Caivano con il comitato riunito attorno alla figura di don Maurizio Patriciello. Ci sono anche gli storici movimenti di lotta contro le discariche, come quella di Chiaiano e quella di Terzigno.
A Caivano, piena Terra dei Fuochi. Il terreno di questo agricoltore, come per altri 14, non è tra i 51 siti indicati come pericolosi dal governo. Eppure i loro terreni, in gran parte, sono sequestrati da novembre scorso, nonostante i controlli sui prodotti abbiano rilevato che sono perfettamente sani e quindi sono stati dissequestrati. Nell’area indicata come Terra dei Fuochi, intanto, i controlli sono stati congelati, e a breve bisognerebbe iniziare a cercare addirittura rifiuti radioattivi. Qualche mese fa, Fanpage.it vi ha raccontato la vicenda giudiziaria nella quale sono finiti questi agricoltori, i cui pozzi, terreni e prodotti erano stati sequestrati dopo il ritrovamento di 15 bidoncini di pittura in un fondo poco distante. Le analisi dell’acqua, in seguito, avevano riportato alcuni valori fuori norma, ma non sui prodotti. La situazione resta, però, assolutamente intricata e nell’attesa che sia fatta chiarezza regnano silenzio e rassegnazione.
Più che Terra dei Fuochi, qui è terra sospesa
Caivano, piena Terra dei Fuochi. Il terreno di questo agricoltore, come per altri 14, non è tra i 51 siti indicati come pericolosi dal governo. Eppure i loro terreni, in gran parte, sono sequestrati da novembre scorso, nonostante i controlli sui prodotti abbiano rilevato che sono perfettamente sani e quindi sono stati dissequestrati. Nell’area indicata come Terra dei Fuochi, intanto, i controlli sono stati congelati, e a breve bisognerebbe iniziare a cercare addirittura rifiuti radioattivi. Qualche mese fa, Fanpage.it vi ha raccontato la vicenda giudiziaria nella quale sono finiti questi agricoltori, i cui pozzi, terreni e prodotti erano stati sequestrati dopo il ritrovamento di 15 bidoncini di pittura in un fondo poco distante. Le analisi dell’acqua, in seguito, avevano riportato alcuni valori fuori norma, ma non sui prodotti. La situazione resta, però, assolutamente intricata e nell’attesa che sia fatta chiarezza regnano silenzio e rassegnazione. Più che Terra dei Fuochi, qui è terra sospesa
Papa Francesco, percorrendo la navata centrale della Cattedrale, ha incontrato don Maurizio Patriciello, il parroco antiroghi di Caivano. Tra il Pontefice e il sacerdote un breve ma intenso colloquio. Poi il Santo Padre ha raggiunto l’altare maggiore della Cattedrale.
Gli ho spiegato che lotto sul territorio della Terra dei fuochi e lui mi ha detto di continuare su questa strada». Così racconta il suo incontro con Papa Francesco don Maurizio Patriciello, parroco di Caivano noto per il suo impegno in Terra dei fuochi. Don Patriciello ha parlato con Papa Francesco all’arrivo di quest’ultimo nel Duomo di Napoli. «Spesso ho detto che mi sento cone un padre a cui hanno violentato il proprio figlio – ha detto don Maurizio Patriciello – i rifiuti tossici non sono solo una questione ambientale ma un dramma umanitario. Sul nostro territorio la gente muore, si ammala di cancro. Ho chiesto al Papa di dire una parola per i nostri volontari che sono migliaia, lui mi ha detto di continuare su questa strada. Quindi anche dopo la benedizione del Papa continueremo a lottare su questa terra». (da http://www.ilmattino.it/NAPOLI/SPECIALE_PAPA/)