di Domenico Corcione
Ripartiamo con la seconda serie di “Afragola sconosciuta”, rubrica nata con l’intento di riscoprire o scoprire angoli e personaggi della nostra città e salvarli dall’oblio. Approfitto dell’occasione per ringraziare quanti hanno seguito e apprezzato gli articoli precedenti, non tanto per gloria personale quanto perché ciò dimostra che c’è ancora chi è interessato alla storia di questa città.
Stavolta parleremo di un nostro concittadino, un illustre sconosciuto del XIX secolo: Tommaso Credennino, Priore Generale dell’Ordine Agostiniano.
Mi sono imbattuto per la prima volta nel suo nome andando a rivedere la sezione “Uomini illustri” del libro di don Gaetano Capasso “Afragola dieci secoli di storia comunale”. Da qui sono partito per ricostruirne la vita, e non è stato facile, visto che Capasso non dice molto e le fonti, anche quelle degli stessi agostiniani, erano difficili da trovare.
Nacque ad Afragola nel 1764 e fu battezzato con i nomi di Giovanni Battista Carmine. Nel 1780 entrò nell’Ordine Agostiniano e assunse il nome di Tommaso. La scelta del Credennino di entrare in un Ordine e non nel clero secolare ci mostra come, oltre a preoccupazioni più strettamente materiali (diventare sacerdoti era spesso l’unico mezzo per uscire da una vita di stenti), egli fosse spinto anche da una profonda fede, che sentiva essere attratta dal carisma agostiniano. La sua preparazione avvenne nel convento di S. Valentino negli Abruzzi, per poi passare a S. Agostino alla Zecca a Napoli. Nel 1798 divenne sacerdote, ma un anno dopo esplose la rivoluzione anche a Napoli ed fu fondata la Repubblica Partenopea. Nonostante la breve esperienza repubblicana, l’ordine non si ristabilì, e anzi l’avvento dei francesi determino la soppressione degli Ordini religiosi. Durante il decennio francese, padre Tommaso tornò ad Afragola ad attendere gli eventi. Ristabilita la monarchia, il 16 febbraio 1818 venne stipulato il nuovo Concordato fra il Regno delle Due Sicilie e Papa Pio VII, e l’Ordine viene restaurato. Padre Tommaso venne chiamato alla redazione delle nuove costituzioni dell’Ordine, e partecipò al Capitolo Generale a Roma del 1820. In quel periodo, la Provincia religiosa di Napoli fu retta da un altro afragolese: Giuseppe Cerbone, reggente dal 1823 al 1827 delle sorti della comunità agostiniana. E’ probabilissimo che fu anche per l’appoggio del conterraneo, oltre che per le sue qualità, che Credennino divenne il referente principale della Terra di Lavoro a Roma, essendogli riconosciuta una vasta conoscenza dei problemi della regione e una grande capacità che oggi chiameremmo “manageriale”. Nel Capitolo dell’estate 1835, il Capitolo presieduto dal cardinale protettore Agostino Rivarola, fu eletto Priore Generale.
Per la prima volta un afragolese prendeva la guida di un Ordine religioso. Non era la prima, però, che un nostro antico concittadino arrivava tanto in alto nella gerarchia della Chiesa (nel 1664 divenne vescovo l’afragolese Marco Baccina), né sarebbe stata l’ultima, con il cardinale Alessio Ascalesi nel Novecento monsignor Tommaso Caputo, vescovo di Pompei, oggi (tre figure di cui parleremo nelle prossime settimane, ndr).
Credennino si trovò a dover affrontare una situazione difficile: i conventi agostiniani, venivano chiusi in tutta la Spagna e nelle aree del pianeta a questa soggetta. E anche nei territori americani che si erano liberati del giogo di Madrid, come Argentina, Bolivia, Cile. In Europa la situazione era ancora incandescente, e il giacobinismo legalitario cercava a tutti i costi di sottrarre ricchezza e influenza agli Ordini, visti come appendici di Roma. Nei suoi tre anni di mandato, Credennino riconobbe la primazia del convento di San Nicola di Tolentino nel maceratese, e contribuì alla rinascita della Famiglia Agostiniana a Napoli istituendo giuridicamente la Congregazione di San Giovanni Carbonara, il 17 luglio 1838.
Fu l’atto più significativo del suo generalato, e anche l’ultimo: alla fine dell’estate dello stesso anno rinunciava alla carica nelle mani di Papa Gregorio XVI. Da allora si ritirò in S. Agostino alla Zecca, dove morì nel marzo 1849.
La figura di Credennino, ancora tutta da studiare e di certo non sviscerata in questo articolo (ho richiesto altre informazioni, ma non sono pervenute in tempo per la pubblicazione, e le aggiungerò eventualmente come postilla nei prossimi articoli), è stata completamente dimenticata da Afragola. Capasso, nel libro citato all’inizio, lamentava che nel 1974 non si era provveduto a ricordare il nostro e altri grandi afragolesi con una targa toponomastica. Sono passati esattamente 40 anni e stiamo ancora lì. Nel mentre si parla di consacrare già una via a Mandela, perché non assegnarla anche a un afragolese arrivato tanto in alto, a capo di un Ordine ramificato in tutto il mondo? Intanto quello che possiamo fare, lo facciamo; e con questo contributo, speriamo di aver recuperato un po’ dall’oblio questa grande figura.