di Gennaro Napoletano
(La Prima immagine di S.Antonio venerata ad Afragola)
Possiamo affermare che tutto cominciò in quel lontano giorno del 1631 quando il Vesuvio, svegliatosi all’improvviso dal suo lungo sonno, seminò, non solo, nell’area vesuvianama anche in Napoli e provincia terrore e morte.
Una presunta indifferenza di S.Gennaro, forse troppo occupato per altri “miracoli”, la tanta povertà e paura mise in evidenza l’insicurezza della condizione umana, molto peggio di oggi, di allora facendo crescere a dismisura la venerazione della popolazione afragolese in S. Antonio di Padova, già da allora conosciuto ed invocato come il “Santo dei miracoli”. Fù Francesco Boncompagni, cardinale arcivescovo di Napoli, a propiziare la fondazione della cittadella antoniana, affidandola ai frati minori riformati, uno dei rami più rigidi del frastagliato Ordine dei Frati Minori (francescani) che brillava allora per santità di vita e osservanza alla regola. I primi passi di questa “Fraternità”religiosa furono santificati dalla presenza del Servo di Dio P. Antonio da Pisticci, seminatore della parola di Dio in Italia e in Terra Santa.
Più tardi fra Umile da Pietralia, scultore del seicento francescano, al quale si attribuisce la realizzazione del miracoloso Crocifisso, conservato in una navata laterale della basilica, in esso, cita un testo del tempo, trasfuse tutto il fervore e la pietà che aveva dentro e “conforme contemplava li acerbissimi spasmi del Nazareno, così procurava esprimerli col scalpello”. una data memorabile resta quella del 1715, anno in cui la chiesa fu consacrata La casa religiosa francescana di Afragola subì con la soppressione del 1861 la sorte degli altri conventi, forse, secondo alcuni, molto cara alla famiglia reale di Napoli. La cospicua fraternità (circa quaranta) si ridusse a un piccolo numero di fraticelli, addetti alla custodia della Chiesa sotto il controllo dell’autorità civile di allora.
Il convento, fu adibito ad ospedale, ricovero per persone della terza età e fino al 1872, come scuola di arti e mestieri per gli Accattoncelli di Giovanni Palmieri oggi S. Ludovico da Casoria, che però, per le “indebite ingerenze” delle autorità locali, preferì chiudere la scuola. Da allora il convento ospitò solo un misero ricovero per anziani, un piccolo ospedale e una minuscola comunità religiosa addetta alla Chiesa.
Altri figure francescane si alterneranno successivamente negli anni seguenti che faranno ancora crescere la devozione del popolo locale verso Il SANTO di Lisbona grazie ai tantissimi miracoli, documentati dalle tante offerte ed ex voto ancora visibili nella sala offerte della basilica.
Questa breve e sintetica riepilogazione, non è fuori luogo, anzi ci permette di comprendere come il “mito” del Santo, spero che qualcuno non si arrabbi per la definizione” è frutto di una continua venerazione di tutti i devoti e di un lavoro continuo di custodia dei frati minori e della allora nascente fraternità del terzo ordine voluta proprio da S. Ludovico da Casoria, molto spesso in contrasto a una certa “sottocultura” locale troppo radicata ad un concetto folkloristico e troppo secolare, nettamente in contrasto con il messaggio antoniano e francescano, infatti fra Ludovico lasciò per una missione in terra d’Africa,aspetto che con il passar del tempo, a mio giudizio, ha condizionato negativamente la stessa festa del Santo trasformandola troppo in una fiera di paese, dove,ancora oggi, al di la di ogni predica annuale dell’alto prelato di turno, sulla testimonianza evangelica vera di S.Antonio, resta una fiera.
Sarebbe bello rivedere il nostro S. Antonio “contadino” il santo dei poverelli, delle” Tavole dei pezzienti” Il Santo che ha fatto della lotta all’usura e dell’ingiustizia la sua unica battaglia, dando testimonianza vera ed autentica. L’evidenza di oggi ci porta a pensare che poco è cambiato, siamo la Padova del sud, ma quella di S. Antonio di allora. In un suo intervento in una nostra passata diretta tv streaming di un 13 giugno passato fra Michele Giuliano,
stimolato da una domanda del sottoscritto su cosa rappresenta la festa di S. Antonio ad Afragola ci rispose che, al di la di ogni aspetto, “culturale” folkloristico e altro, la ricorrenza del Santo deve rappresentare, si momento di gioia popolare, ma soprattutto un momento di riconsiderazione della propria vita, dove non basta un “offerta” ma una vera conversione di fede, mettendo al centro della propria esistenza, intesa come dono divino, la vera testimonianza cristiana, fatta di amore vero verso il prossimo poverello, e non di parole vuote.
Lo Stesso Cardinale di Napoli nella mia intervista dello scorso anno volle evidenziare che una vera conversione a Cristo deve partire dal “Cuore” come S. Antonio, dobbiamo lasciare ciò che è solo frutto del male; il potere, il malaffare pubblico e privato non può andare a braccio con la fede vera, essere benefattori significa soprattutto fare beneficenza al proprio cuore, non con i frutti provenienti da “chissà dove” ,risciacquado per un giorno la coscenza, questo è solo stupida spavalderia, qualcuno più ortodosso di me la definirebbe camorra.
Allora ben venga la festa di S. Antonio ogni anno e che non sia momento di arricchimento per alcuni, non servono sfarzose luminarie ad illuminare la nostra Festa, illuminiamo le nostre vie con piccole luminose candele sui balconi con tanti palloncini colorati, e per chi ha la possibilità,come una volta, decoriamoli con i nostri ricami più belli, permettetemi una mia presuntuosità; a S. Antonio di Padova piacerà tantissimo. I botti, facciamoli al momento giusto, magari per chiudere la Festa, così non danneggiamo la splendida icona lignea ultrasecolare. Ad un futuro sindaco di Afragola chiederei di non imbrattare, almeno in occasione della festa, viale S. Antonio, di quello che resta, con puzzolenti bancarelle e sprecose luminare, i soldi dateli ai giovani disoccupati che possano così veramente godersi la festa. Un suggerimento spassionato va alla fraternità francescana compresa quella secolare, siate veri testimoni di fede francescana, fate sentire la vostra voce affinchè i valori francescani almeno in prossimità della basilica vengano rispettati, troppi paradossi, troppe “stranezze”, che si instauri una commissione per la riscoperta della festa contadina afragolese di S. Antonio come una volta, un rifemimento? Andate a quella di Pascarola Caivano il 13 di luglio, ci troveremo li.
(processione di S.Antonio a Pascarola Caivano)
VIVA S. ANTONIO
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