Afragola- “Cristo non può essere diviso!” (1 Cor 1,1-17).Al via in Basilica la settimana per l’unità dei cristiani.

di Gennaro Napoletano

17-01-2014

La parola ecumenismo deriva dal termine greco oikouméne indica in origine una parte abitata della terra; Nello specifico rappresenta  il movimento che tende a riavvicinare e a riunire tutti i  cristiani delle diverse Chiese. Il punto di partenza è la comune fede nella Trinità: in Dio Padre, in Gesù Cristo Figlio e in Dio Spirito Santo

Non a caso sono state scelte frasi dalla lettera dell’apostolo Paolo ai Corinzi, ‘Cristo non può essere diviso,  e la parola ‘Insieme’ come filo conduttore della settimana per l’unità dei cristiani.

Scrive tra l’altro Papa Bergoglio:  “Data la gravità della controtestimonianza della divisione tra cristiani, particolarmente in Asia e Africa, la ricerca di percorsi di unità diventa urgente… Se ci concentriamo sulle convinzioni che ci uniscono e ricordiamo il principio della gerarchia delle verità, potremo camminare speditamente verso forme comuni di annuncio, di servizio e di testimonianza. L’immensa moltitudine che non ha accolto l’annuncio di Gesù Cristo non può lasciarci indifferenti. Pertanto, l’impegno per un’unità che faciliti l’accoglienza di Gesù Cristo smette di essere mera diplomazia o un adempimento forzato, per trasformarsi in una via imprescindibile dell’evangelizzazione”.

Paolo ricorda ai Corinzi: «Cristo non può essere diviso!» (1 Cor 1, 1-17).

Nella Chiesa di Corinto, messa alla prova nella sua comunione e unità da gruppi contrapposti di fedeli che si dichiaravano “io sono di…”, “io appartengo a…”, con un reciproco atteggiamento di diffidenza o separazione, l’affermazione del testo che più ci interpella è “io sono di Cristo”. Essa, nel passo di riferimento, evidenzia le divisioni, che nella storia del Cristianesimo hanno lacerato i rapporti tra diverse Tradizioni e Confessioni, costituendo paradosso e scandalo per la testimonianza e l’annuncio del Vangelo, ma anche – ciò è ancora più grave e temibile – la possibilità di “strumentalizzare” l’unico e comune nostro Signore Gesù, per sancire la propria volontà o convinzione di separazione-distinzione. L’impegno ecumenico, che nella nostra Diocesi da tempo stiamo portando avanti con diversi passi concreti, ha cercato di incoraggiarci tutti a sempre ripartire o ritornare all’unica e comune fonte: il Crocifisso risorto nel quale veniamo battezzati e per il quale possiamo amarci come autentici fratelli, e così insieme metterci a servizio degli uomini e delle donne del nostro tempo.

Circa la frase di Paolo, essa rappresenta “certamente – spiega mons. Timothy Verdon, Direttore del Centro per l’Ecumenismo dell’Arcidiocesi di Firenze – il brano neotestamentario più esplicito proposto alle chiese e comunità ecclesiali in diversi anni. Affronta di petto lo scandalo delle divisioni tra cristiani di diverse tradizioni e confessioni, ricordando che siamo tutti battezzati in Cristo, non in nome di questo o quell’altro esponente della fede – non cioè nel nome di un papa o patriarca, non nel nome di Lutero, né di Calvino, né di Wesley, ecc. Né siamo chiamati ad una o ad un’altra interpretazione della fede, bensì a conoscere a fondo il mistero dell’offerta di sé che Gesù ha compiuto per tutti”.

La nascita di strutture ecumeniche a livello europeo risale già  ai tempi della guerra fredda, quando un gruppetto di chiese dell’Europa dell’Est e dell’Ovest cominciarono a concepire il progetto di far dialogare tra loro Chiese di paesi separati da sistemi politici, sociali ed economici molto diversi, con lo scopo di farle diventare strumento di pace e comprensione.

L’importanza del dialogo, nell’ecumenismo come nella vita sociale, è stato sottolineato da Papa Francesco nel saluto rivolto a Sua Santità Moran Baselios Marthoma Paulose II, Catholicos dell’Oriente e Metropolita della Chiesa ortodossa-sira ma¬lankarese. Papa Francesco ha ricordato i passi avanti in 30 anni di dialogo ecumenico. Ed ha sottolineato quanto sia importante guardare con fiducia ai passi compiuti superando pregiudizi e chiusure, che fanno parte di quella “cultura dello scontro”, che è fonte di divisione e lasciando spazio alla “cultura dell’incontro”, che ci educa alla comprensione reciproca e a operare per l’unità.

Il Sacro Convento di San Francesco, grazie alla presenza di San Francesco e alle attività dei frati, è stato pioniere nel promuovere il dialogo ecumenico ed il dialogo con le religioni non cristiane prima ancora del Concilio Ecumenico Vaticano II. Già negli anni sessanta si sono verificati i primi contatti ecumenici con le Chiese cristiane separate da Roma particolarmente con gli anglicani del

Regno Unito e con i luterani della Scandinavia, particolarmente quelli della Svezia e della Danimarca.

Più tardi, molti anni prima ancora della Giornata Mondiale di Preghiera per la Pace del 27 ottobre 1986, voluta dal Papa Giovanni Paolo II, nella quale per la prima volta hanno partecipato tutte le grandi religioni mondiali, hanno avuto inizio i primi contatti con le religioni mondiali.

Ieri sera presso la nostra Basilica minore di S. Antonio in Afragola, alla presenza di tantissimi fedeli, si è svolto  un incontro di preghiera insieme ad importanti esponenti di Chiese cristiane non cattoliche tra cui  Giuseppe Verrillo pastore evangelico della chiesa libera di Volla: “Occorre tuttavia avere la capacità di meglio rivolgersi a ciò che è stata la storia del cristianesimo negli ultimi cinque secoli , solo allora si sarà consapevoli del fatto che grazie al ” coraggio ” del movimento ” ecumenico “, due periodi della storia del cristianesimo, che certamente non hanno reso una testimonianza di ” unità cristiana ” ma addirittura rischivano di provocare una vera e propria consunzione del messaggio cristiano moderno.

La serata è stata mediata dalla teologa Lucia Antinucci, presenti il rettore del convento fra Marcello Pronesti.

La Gifra di Afragola ha poi reso ancora più bello e colorato l’occasione animando con coreografie ispirate al messaggio della serata

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Gennaro Napoletano - Direttore Editoriale di LaFragolaNapoli.it